gnese Giuseppe Borgatti [...]. Indimenticabili serate per me, per Bologna e per l’Italia musicale.
[...] Certo le sue interpretazioni orchestrali potevano essere un po’ trascurate tecnicamente, ma
era indiscutibile lo stile e la penetrazione delle sue esecuzioni e il loro soffio magico. Non ho
mai veduto suonatori vibrare di tanto entrusiasmo come al suo sguardo, e la sua bacchetta, seb-
bene un po’ stanca, segnava il ritmo di un tempo sentito e trascinatore» (Pretesti musicali,
Edizioni del Milione, Milano, 1952, pp. 67-68).
13 Composizione di Franz Liszt per tenore, coro d’uomini e grande orchestra; essa risale al 1854 e
comprende tre ritratti orchestrali di altrettanti personaggi del Faust di Goethe: Faust stesso,
Margherita e Mefistofele. Come sottintende Busoni nella lettera a Philipp, la composizione con-
tiene momenti arditamente innovatori che ebbero un potente influsso sulla Musikanschauung
wagneriana e (anche in misura minore) busoniana. Cfr. in APPENDICE IV le note di Busoni su Liszt
e in particolare sulla Faust-Symphonie).
14 A Bologna ebbe luogo il 1º novembre 1871 la prima rappresentazione italiana del Lohengrin. A
seguito del grande successo, il 31 maggio 1872 il Consiglio Comunale di Bologna decise di insi-
gnire Wagner della cittadinanza onoraria. L’anno successivo si rappresentò Tannhäuser, nel
1876 Rienzi, alla presenza del compositore stesso, e nel 1877 Il vascello fantasma. Busoni era
profondamente, a tratti rabbiosamente, anti-wagneriano. Cfr. la lettera a Hugo Leichtentritt (suo
primo biografo) del 12-13 novembre 1915 (FERRUCCIO BUSONI, Lettere con il carteggio Busoni-
Schönberg. Scelta e note di Antony Beaumont, edizione italiana riveduta e ampliata a cura di
SERGIO SABLICH. Traduzione di LAURA DALLAPICCOLA, Milano, Ricordi - Unicopli, 1988, n. 210, p. 306)
e ad Hans Reinhart il 15 aprile 1917 (ivi, n. 259, p. 359), scrisse, tra l’altro: «[…] sia il wagnerismo
sia il cristianesimo mi sono estranei […] Gli dèi di Wagner mi lasciano indifferente […]». Galston
annotò nel suo Diario (Busoni, gli ultimi mesi di vita, p. 31) che Busoni non poteva passare sera-
ta senza attaccare Wagner in modo furioso e sprezzante. Ma il 5 luglio 1924, a poche settimane
dalla morte, fu costretto ad ammettere che «di Wagner non ci si libera» e «continua a essere il coro-
namento e la conclusione di ogni conoscenza» (ivi, p. 132). In gioventù, alla fine degli anni
Novanta, il giudizio su Wagner non era così categoricamente negativo: «[Wagner] non trovò,
come fè Dante colla Divina Commedia, come riuscì a Goethe col Faust, il soggetto di contenu-
to universale, atto ad assorbire e concentrare tutte le qualità d’artista ch’esso aveva in sé; ma le
distribuì nei quattro lavori dell’ultimo periodo [Tristan, Ring, Meistersinger e Parsifal], la somma
dei quali ci rende completa la personalità del suo genio» (BUSONI, Lo sguardo lieto, pp. 381-382).
15 Cfr. le lettere a Hugo Leichtentritt del 12-13 febbraio 1916 (BUSONI,Lettere con il carteggio
Busoni-Schönberg, n. 221, pp. 319-320). Il 20 ottobre 1916, Busoni cita un brano di una lettera
di Wagner a von Bülow: «È vero che, da quando conosco Liszt, ho adottato un’armonia radical-
mente diversa. Ma è proprio necessario farlo sapere al pubblico?» e chiosa: «Ma non soltanto l’ar-
monia, anche i temi e gli ornamenti di Wagner cambiarono dopo che ebbe conosciuto Liszt. [...]
Ho coniato allora il seguente aforisma: Liszt sta a fondamento di tutti gli edifici musicali moder-
ni e, in quanto fondamento, è sepolto sottoterra e rimane invisibile» (lettera a Vianna da Motta,
ivi, n. 249, p. 348-349). Cfr. anche BUSONI,Lo sguardo lieto, p. 351 (cfr. APPENDICE III). La scoper-
ta di Liszt avvenne nel 1883: «Le opere di Liszt divennero le mie guide e mi aprirono a una cono-
scenza intima della sua arte straordinaria, dal suo ‘movimento’ costruii la mia ‘tecnica’» (GALSTON,
Busoni, gli ultimi mesi di vita, p. 85.) Busoni possedeva una formidabile collezione liztiana: 76
volumi, tutte edizioni originali: si trattava sicuramente della collezione più grande e importante
del mondo. Cfr. Le edizioni delle opere per pianoforte di Liszt, in BUSONI,Lo sguardo lieto, pp.
315-343; SABLICH, Busoni, pp. 93-96; LARRY SITSKY, Busoni and the Piano. The Work, the Writings,
and the Recordings, New York, Greenwood Press, 1986, pp. 207-241; BEAUMONT,Busoni the
Composer, London and Boston, Faber & Faber, 1985, pp. 342-343.
16 Si tratta di Antonio Bibbiena, o Bibiena (1700-1774) che progettò e realizzò il Teatro Comunale
di Bologna tra il 1756 e il 1763: cfr. il volume di CORRADO RICCI, I Bibiena Architetti Teatrali
(Milano, Alfieri & Lacroix, 1915) che Busoni possedeva (cfr. PERL, Bibliothek Ferruccio Busoni,
p. 8). Sull’interesse di Busoni per l’architettura, cfr. ivi, pp. 7-8 e nota n. 137.
17 Jean Chantavoine (1877-1952), musicologo francese; a partire dal 1906 cominciò a occuparsi di
Busoni, di cui fu grande estimatore, come si evince dalla seguente recensione citata in ISIDOR
44 Ferruccio Busoni. Lettere a Isidor Philipp