UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA
Dottorato di Ricerca in «Filosofia»
XIX ciclo (Coordinatore: Prof. Walter Tega)
-
UNIVERSITÉ DE BOURGOGNE
U.F.R. Sciences humaines
École doctorale «Langages, imaginaires, sociétés»
Co-tutela di Tesi
tra
LUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA (Italia)
e
LUNIVERSITÉ DE BOURGOGNE (France)
Tesi
presentata da LUIGI DELIA
per il conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca
dell’Università degli Studi di Bologna
e dell’Université de Bourgogne
Disciplina: Filosofia
Titolo:
LA VERITÀ FILOSOFICA NEL PENSIERO DI DESCARTES
STUDIO STORICO, CRITICO E SEMANTICO
MEMBRI DELLA COMMISSIONE
PROF. PIERRE GUENANCIA, Professore – Universitè de Bourgogne (Direttore di tesi)
PROF. DENIS KAMBOUCHNER, Professore – Université Paris I – Panthéon Sorbonne.
PROF. EMANUELA SCRIBANO, Professore – Universita degli Studi di Siena.
PROF. MARIAFRANCA SPALLANZANI, Professore – Università degli Studi di Bologna (Direttore di tesi)
Anno Accademico 2006/2007
Ringraziamenti
Esprimo la mia riconoscenza agli amici e colleghi dottorandi Odette Barbero, Jean
Sébastien Bolduc, Guillaume Coqui, Diego Donna, Christopher Hamel, Kevin Ladd, Silvia
Mattei, Lucio Molinari, Jonathan Racine, Piero Schiavo, che hanno tutti contribuito, con i loro
suggerimenti, le loro osservazioni, le loro domande e la lettura di alcuni capitoli della tesi a
fare indietreggiare le frontiere della mia ignoranza storica e filosofica.
Ringraziamenti estesi al Collegio Docenti del Dottorato in Filosofia dell’Università di
Bologna, coordinato dal Professor Walter Tega, per avere ascoltato e discusso il progetto
della tesi e parti di essa in occasione delle proficue giornate di studio dedicate ai dottorandi.
Allo stesso modo, tengo a ringraziare i Professori Pierre Guenancia dell’Université de
Bourgogne e Pierre-François Moreau dell’Ecole Normale Supérieure di Lyon per avere
organizzato e co-diretto, in tutti questi anni, delle splendide giornate di Dottorato, sempre a
Digione e sempre in primavera.
Per avere discusso e incoraggiato questo lavoro, sono grato al Professor Martin Rueff
(Université Paris VII – Denis Diderot) e alla Dottoressa Anissia Becerra (Università di
Milano). Per i suoi preziosi consigli su Descartes e Montaigne, e per avermi invitato a tenere
una lezione su questo stesso tema nell’ambito del corso di Master-2 presso l’Université Paris
I-Panthéon Sorbonne, ringrazio vivamente il Professor Denis Kambouchner.
Un ringraziamento particolare vada ai Professori Mariafranca Spallanzani e Pierre
Guenancia, per l’amabilità e la passione con la quale hanno messo il loro tempo a mia
disposizione, e per avermi fornito con generosità indefessa un’infinità di consigli filosofici,
indicazioni di metodo e ragguagli bibliografici. Addentrarmi negli studi cartesiani sotto la
loro esigente direzione è stato per me un onore. Senza la loro guida e il loro incoraggiamento
non avrei potuto superare le non poche difficoltà incontrate. Spero che i risultati non siano del
tutto inadeguati alla fiducia accordatami.
Ringrazio di cuore e con profondo affetto la mia famiglia, che in questi anni difficili non
ha smesso di incoraggiarmi e di starmi vicino, garantendomi un sostegno materiale e morale
fondamentale, senza il quale queste ricerche sarebbero state infinitamente più ardue. Ai miei
genitori, alle mie nonne, che sarebbero state felici di vedere il lavoro ultimato, a mio fratello e
a Nuria Lombardero, che ha visto nascere questo studio e che mi ha aiutato a concluderlo, con
la sua intelligente, ordinata e luminosa collaborazione, va il mio grazie speciale.
3
Prefazione
Un po’ meno di cinquant’anni fa, nel 1958, Roger Lefèvre apriva il suo libro Le criticisme de
Descartes con un’asserzione nello stesso tempo lucida e perentoria: «Pour écrire encore sur
Descartes, il faut sans doute être fou»1. Queste parole non intendevano annunciare alla
comunità scientifica l’imminente addentrarsi dell’autore nella sfera oscura della déraison
(«défendons-nous, avant qu’on nous enferme», si preoccupava di precisare l’autore), né
volevano alludere ad una filiazione di pensiero con quegli umanisti che si erano spinti ad
equiparare follia e saggezza. Lo studioso francese intendeva constatare, lasciandosi sedurre
dal gusto dell’iperbole, la ragguardevole profusione di studi consacrati al pensiero di
Descartes. Com’è notissimo, otto anni prima del sopra citato saggio di Lefèvre, Ferdinand
Alquié pubblicava il suo capolavoro La découverte métaphysique de l’homme chez
Descartes2, nella cui prefazione, oltre ad evocare i già classici studi di «Léon Brunschvicg,
Jean Laporte, Émile Bréhier e Étienne Gilson», si prendeva atto di come «les travaux publiés
sur Descartes» fossero già «si nombreux». Da allora ad oggi una sterminata mole di nuove
letture, commenti, ipotesi e sintesi interpretative (non di rado tra loro conflittuali) non hanno
cessato di succedersi, animando e rianimando, valorizzando e arricchendo il patrimonio degli
studi cartesiani. Come ignorare, inoltre, che alcune tra le figure più salienti della filosofia del
XX secolo, tra cui, per citarne solo pochissime, Husserl, Heidegger, Alain, Sartre, Merleau-
Ponty, Foucault e Levinas, si sono formati e confrontati, se non ispirati e nutriti alla sorgente
del pensiero di Descartes?
Poco importa, tuttavia, che Descartes sia un classico della filosofia, peraltro non di rado
semplicisticamente celebrato (o esorcizzato), ora in ragione della sua teoria del dualismo
ontologico, ora per il suo razionalismo sistematico fondato sul principio faro cogito ergo sum,
e troppo spesso ridotto a mero promotore di un rigido meccanicismo in ambito fisico, secondo
l’idea inaugurale di una mathesis universalis. Poco importa se «la letteratura secondaria su
Descartes è gigantesca»3, come non si può davvero fare a meno di tornare a constatare. Resta
che, come accade ad ogni grande filosofo, i problemi che si è posto, le novità di natura teorica
e metodica che ha introdotto, il rigore, la lucidità e l’ordine con cui ha esposto i suoi pensieri,
ne rendono la filosofia più che mai attuale. Nello stesso tempo individuale («comme un
homme qui marche seul»; «bâtir dans un fond qui est tout a moi» si legge, ad esempio, nel
Discours) e universale (perché esemplare di una dinamica filosofica con cui il pensiero
1 R. Lefèvre, Le criticisme de Descartes, Paris, 1958, avant-propos, p. 1.
2 F. Alquié, La découverte métaphysique de l’homme chez Descartes, Paris, 1950.
3 J. G. Cottingham, A Descartes Dictionary, Oxford 1993 – Note on the use of this book.
4
moderno sembra come destinato a non poter smettere di fare i conti1), la filosofia di Descartes
è il frutto di una personalità che ha consacrato la propria vita a coltivare quello strumento
proprio ad ognuno che è la ragione, il bon sens, ovvero la facoltà naturale e universale
(instrument universel) di discernere il vero dal falso. Ma l’opera di Descartes non ha
contribuito soltanto ad aprire la strada alla scienza moderna, a fronteggiare e arginare la sfida
scettica, a riflettere con occhi nuovi sulla morale, conferendo alla libertà umana un valore
altissimo, e a rifondare su basi esclusivamente razionali la metafisica; il fatto è che Descartes
ha saputo infondere alla filosofia quello che sembra essere il suo movimento più naturale, più
semplice e più spontaneo. Nel suo importante commento alle Passions de l’âme, del resto,
un’altra figura di prestigio degli studi cartesiani, Denis Kambouchner, si interrogava
sull’intramontabile necessità di ritornare sulla filosofia di Descartes, fornendo una risposta
che, nel presentare questo studio, non sapremmo non condividere interamente: «Après trois
siècles et demi de critique philosophique, et cent ans d’interprétation savante, que reste-t-il à
explorer de l’œuvre de Descartes? La moins impertinente des réponses pourrait être: tout»2.
Bastino queste brevi note preliminari a ricordare l’ormai consumata perizia degli studi
cartesiani e le inevitabili difficoltà cui va incontro chiunque decida di intraprendere un
ennesimo studio sulla filosofia di Descartes. Difficoltà che non diminuiscono affatto, e
semmai si estendono e si moltiplicano, quando si aspira ad esaminare una grande questione
filosofica quale quella della verità, la cui portata e le cui implicazioni non si lasciano
circoscrivere facilmente. Non è un caso, difatti, che la questione della verità in Descartes sia
stato uno dei problemi più frequentati dalla critica (principalmente di area francese e
anglosassone, anche se non sono mancati importanti contributi in ambito italiano, tedesco,
spagnolo e portoghese), occupando un posto di assoluto rilievo nella storiografia cartesiana3.
1 È piuttosto condivisa dall’attuale comunità filosofica, specialmente quella legata al versante della
fenomenologia, l’idea che vede nel pensiero di Descartes una fonte con cui non si può davvero fare a meno di
confrontarsi. Lo sostiene con forza J.-L. Marion: «Aucune doctrine reprise de l’histoire de la métaphysique ne
pourrait nous concerner comme une authentique pensée et non comme le monument d’un désastre révolu, si elle
n’intervenait toujours et sans réserve dans le jeu de la pensée présente. Réciproquement elle n’atteint à une telle
pertinence que si la pensée se pensant aujourd’hui ne peut s’accomplir qu’en se débattant obligatoirement avec
cette ancienne pensée […]. Parmi les rares pensées qui, renaissant de siècles en siècles, ne cessent d’exiger une
exégèse, celle de Descartes […] atteint au plus intime la philosophie contemporaine dont elle subit en retour,
l’assaut de ses œuvres» (Questions cartésiennes, I. Méthodes et métaphysique, Paris, 1991, pp. 153-154).
2 D. Kambouchner, L’homme des passions. Commentaires sur Descartes, I, Paris, 1995, p. 11.
3 Il primo critico a cimentarsi direttamente sulla questione della verità in Descartes, a nostra conoscenza, è stato
E. Cassirer, autore di un articolo significativamente intitolato Descartes’ Wahrheitsbegriff, in «Theoria» III
(1937), pp. 161-187 (disponibile in italiano in E. Cassirer, Dall’Umanesimo all’Illuminismo, Firenze, 1995, pp.
247-276). Lo studio più recente lo si deve, invece, a G. Olivo, Descartes et la question de l’essence de la vérité,
Paris, 2005. Anziché procedere in questa introduzione ad una messa a punto storiografica degli svariati studi
consacrati alle molte e sfaccettate dimensioni della complessa questione della verità in Descartes, ci limitiamo
solo a segnalare quelli che ci sono apparsi come i più rilevanti, rimandando ai capitoli successivi per dei
ragguagli supplementari: J. Laporte, Le rationalisme de Descartes, Paris, 1945 (citiamo dalla terza edizione,
Paris 1988, in particolare Libro II, cap. I, «Certitude et vérité», pp. 139-172); M. Guéroult, Descartes selon
5
A partire dagli anni trenta del XX secolo sino ad arrivare ai giorni nostri, i principali
commentatori e specialisti della filosofia di Descartes hanno tutti, anche se in misure e sotto
profili spesso anche molto diversi, portato la loro attenzione sull’importanza di questa
nozione e sul ruolo che essa gioca tanto nell’economia della dottrina, quanto nell’animare il
movimento del pensiero di Descartes. La consultazione di questi lavori ha rappresentato un
ausilio capitale per il nostro studio.
Introduzione
«Mais cette dame [Mme de Rosai, disputée par Descartes l’épée à la main, contre un rival] ne
fit point difficulté d’avouer dans la suite que la philosophie avait eu plus de charmes qu’elle
pour M. Descartes; et qu’encore qu’elle ne lui parût pas laide, il lui avait dit pour toute
galanterie qu’il ne trouvait point de beauté comparable à celle de la vérité»1.
Questo episodio, narrato da Adrien Baillet, il celebre biografo di Descartes, ha il merito di
mettere in rilievo l’importanza capitale che la questione della verità riveste nel pensiero e
nella vita del filosofo del lume naturale. La vita, così come Descartes l’ha vissuta e insieme
concepita, appare scandita all’insegna di un’incessante «ricerca della verità». Eppure non
basta ricordare che l’espressione inquisitio veritatis/recherche de la vérité, costante nel
registro di Descartes, ricopre un ruolo eminente nei titoli di ben tre opere filosofiche: les
Regulæ ad directionem ingenii in veritatis inquisitione, La recherche de la vérité par la
lumière naturelle (dove il sintagma viene a collocarsi in una posizione privilegiata) e, poi, il
Discours de la méthode, nel cui titolo completo è evocato l’ideale di «chercher la vérité dans
les sciences». Né sarebbe sufficiente considerare che Descartes converte questa nozione
l’ordre des raisons, 2 voll., Paris, 1953 (citiamo dalla seconda edizione, Paris, 1968); F. Alquié, Expérience
ontologique et déduction systématique dans la constitution de la métaphysique de Descartes, «Cahiers de
Royaumont», Paris, 1957, pp. 15-25; H. Gouhier, La pensée métaphysique de Descartes, Paris, 1962 (citiamo
dalla quarta edizione, Paris, 1987); L. Polo, Evidencia y realidad en Descartes, Madrid 1963; M. Guéroult, La
définition de la vérité chez Descartes et Spinoza, «XIIe Congrès de la Société de philosophie de langue
française», Bruxelles et Louvain, 1964 – La vérité (repris dans Etudes sur Descartes, Spinoza, Malebranche et
Leibniz, Hildesheim et New York, 1970, pp. 55-63); H. G. Frankfurt, Demons, Dreamers, and Madmen. The
Defense of Reason in Descartes’Meditations, Indianapolis, 1970; trad. fr., Démons, rêveurs et fous: la défense de
la raison dans les Méditations de Descartes, Paris, 1989; J.-L. Marion, Sur l’ontologie grise de Descartes, Paris
1975 e Sur la théologie blanche de Descartes, Paris, 1981; E. M. Curley, Descartes against the Skeptiks,
Cambridge, 1978; G. Moyal, Les structures de la vérité chez Descartes, «Dialogue», Canada, 1987, 26, pp. 465-
490; J.-L. Chédin, Note sur vérité et volonté chez Descartes, «Revue de l’enseignement philosophique» 39, 1,
1988, pp. 3-15; P. Fontan, Vérité et liberté chez Descartes, «Revue thomiste» 1988, 88, 1, pp. 108-114; F. Van
de Pitte, Intuition and Judgement in Descartes’ Theory of Truth, in «Journal of the History of Philosophy», 26
(1988), pp. 453-470; R. Landim, Evidencia e verdade no sistema cartesiano, Sao Paulo, 1992; Th. C. Vinci,
Cartesian Truth, Oxford, 1998; M. Miles, Insight and Inference: Descartes’s Founding Principle and Modern
Philosophy, Toronto/Buffalo/London, 1999; P. Guenancia, La question de la vérité dans la philosophie de
Descartes, in «Lire Descartes», Paris, 2000, pp. 454-491; J.-M. Beyssade, Descartes au fil de l’ordre, Paris,
2001 e Etudes sur Descartes, Paris, 2001; S. Landucci, Evidenza e verità, in La mente in Cartesio, Milano, 2002,
pp. 9-37.
1 A. Baillet, La vie de M. Descartes, Paris (La Table ronde), 1992, p. 291, corsivo nel testo.
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