Riassunto: Nel Pleistocene medio un gruppo di popolazioni umane, portatrici delle nuove tradizioni
tecniche del Paleolitico inferiore di Modo 2, occupano l’Italia. I siti di Notarchirico, La Pineta, Loreto,
Fontana Ranuccio, Guado San Nicola attestano un’occupazione preferenziale delle valli degli
Appennini centrali e meridionali. La palinologia rappresenta un efficiente strumento al fine di estrarre
informazioni paleoecologiche, paleoambientali e paleoclimatiche dagli archivi sedimentari
contemporanei alle sopracitate occupazioni.
La sequenza del Pleistocene medio del bacino di Boiano (Molise, Italia) documenta le dinamiche
ambientali succedutesi in quest’area degli Appennini meridionali. La palinologia ha permesso di affinare
la cronostratigrafia dei depositi del bacino di Boiano registrando inoltre i cambiamenti della vegetazione
avvenuti tra gli stati isotopici 13 e 9. La sequenza pollinica costituisce la prima testimonianza in Italia
degli stadi 11 e 9. Le dinamiche di vegetazione rese dal presente lavoro, descrivono lo sviluppo di una
fase interglaciale mediterranea durante il MIS 13, seguita da un intervallo glaciale intenso caratterizzante
il MIS 12 e da un successivo periodo interglaciale temperato e umido durante il MIS 11. Infine, dopo
uno iato che corrisponde al MIS 10, segue un interglaciale mediterraneo coincidente con il MIS 9, il
quale chiude la sequenza. Gli interglaciali sono caratterizzati dapprima dallo sviluppo di foreste
caducifoglie, accompagnate da alcuni taxa sclerofilli durante gli episodi mediterranei, poi succedute da
foreste di conifere d’alta quota. L’unico evento glaciale è invece contraddistinto da paesaggi aperti e da
uno sviluppo limitato della steppa.
Le ricostruzioni ambientali basate sui diagrammi pollinici e le restituzioni dei parametri climatici dedotti
tramite la Coexistence Approach, mostrano come l’umidità climatica sia il parametro chiave maggiormente
variabile tra le diverse fasi climatiche. Inoltre, un’importante rappresentazione delle Cyperaceae durante
tutto il corso della sequenza testimonia il mantenimento di una notevole umidità edafica, condizionata
dalla morfologia del bacino. Questa costante ha influenzato lo sviluppo della vegetazione locale,
rendendo il bacino di Boiano una zona-rifugio per i taxa particolarmente esigenti in umidità. È così che
Carya persiste sino al MIS 9, rappresentando la sua testimonianza più recente in Europa occidentale.
Parallelamente, anche Picea perdura, grazie alla suddetta umidità locale e alla presenza di nicchie in alta
quota sui rilievi limitrofi.
Tali particolari condizioni, al contrario, limitano lo sviluppo di taxa necessitanti di suoli più asciutti.
Pertanto Quercus è piuttosto scarso a Boiano, quando invece è generalmente dominante -nelle
associazioni del Pleistocene medio italiano. La foresta mediterranea è altresì poco rappresentata durante
gli interglaciali. Infine, Fagus si sviluppa solo tardivamente a Boiano, rispetto al resto dell’Italia
meridionale. La densità di siti preistorici in Italia centrale e meridionale può essere spiegata con la
presenza, in questi ecosistemi privilegiati, di risorse contraddistinte da un’importante biodiversità
faunistica e florale. Ciò implica che durante le fasi glaciali i gruppi umani avrebbero avuto la possibilità
di sostentarsi, sfruttando probabilmente le zone rifugio. Queste aree protette hanno permesso la
persistenza degli ecosistemi tra i più esigenti, offrendo agli Ominini un’opportunità di conservare i loro
comportamenti nonostante la pressione climatica, i cui effetti sull’ambiente sarebbero stati (comunque)
moderati