Andrea Maglio Fabio Mangone Antonio Pizza IMMAGINARE IL MEDITERRANEO ARCHITETTURA ARTI FOTOGRAFIA artstudiopaparo 1 Storia_Progetto_Costruzione Collana di Architettura diretta da Fabio Mangone e Giovanni Menna Volume 4 Andrea Maglio Fabio Mangone Antonio Pizza IMMAGINARE IL MEDITERRANEO ARCHITETTURA ARTI FOTOGRAFIA artstudiopaparo IMMAGINARE IL MEDITERRANEO ARCHITETTURA ARTI FOTOGRAFIA Il presente volume nasce da un programma di ricerca sui temi dell’architettura, delle arti e dell’immaginario mediterranei promosso dal BAP (Centro interdipartimentale di ricerca per i Beni Architettonici e ambientali e per la Progettazione urbana), dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, e dall’Universitat Politècnica de Catalunya. Nei giorni 16 e 17 gennaio 2017 si è tenuto a Napoli un convegno internazionale che, fornendo un’occasione di incontro tra esperti di diverse nazionalità e competenze disciplinari, ha posto le basi per la curatela e la redazione del volume. Per la giornata di studi è stato formato un comitato scientifico di cui hanno fatto parte Antonella Basilico, Annunziata Berrino, Juan Calatrava, Hartmut Frank, Marisa García, Luciano Garella, Aldo Imer, Mar Loren, Thierry Mandoul, Fabio Mangone, Renata Picone, Antonio Pizza, Dieter Richter, Francesco Rispoli, Josep M. Rovira, Paola Villani. I curatori desiderano ringraziare quanti hanno reso possibile la giornata di studi da cui ha origine questa pubblicazione, e in particolare: Graziano Vazzoler e Eliano Romano di Molteni & Dada per il generoso contributo; l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Napoli e Provincia, in particolare nelle persone di Ciro Buono e Renata Picone, per il supporto culturale e finanziario. Un sentito ringraziamento va a Lucia Miodini e al personale del Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma, nonché a Salvatore Licitra Ponti, per la proficua collaborazione e per la concessione delle immagini, e a Valeria Pagnini per il contributo decisivo nella fase di editing dei testi del volume. artstudiopaparo Storia_Progetto_Costruzione Collana di Architettura diretta da Fabio Mangone e Giovanni Menna Collana scientifica sottoposta a referaggio. Comitato scientifico internazionale: Paolo Girardelli, Bogazici University - Istanbul Michelangelo Sabatino, Illinois Institute of Technology. College of Architecture - Chicago Marcus Koehler, Technische Universität - Dresden Antonio Pizza, UPC. Universitat Politècnica de Catalunya - Barcelona Volume 4 IMMAGINARE IL MEDITERRANEO ARCHITETTURA ARTI FOTOGRAFIA a cura di Andrea Maglio, Fabio Mangone, Antonio Pizza Coordinamento redazionale Valeria Pagnini Coordinamento editoriale e progetto grafico artstudiopaparo Università degli Studi di Napoli “Federico II” Universitat Politècnica de Catalunya Ordine degli Architetti P.P.C. di Napoli e Provincia Centro Interdipartimentale di Ricerca per i Beni Architettonici e Ambientali e per la Progettazione Urbana © 2017 artstudiopaparo srl - Napoli www.artstudiopaparo.com [email protected] In copertina Senza titolo (Hotel du Cap, Progetto di bungalows per Eden Roc, Antibes), 1939, © Gio Ponti Archives. Euro 35,00 ISBN 978 88 99130 480 In retrocopertina B. Rudofsky, Il Golfo di Napoli, pavimento maiolicato a Villa Oro (composizione di Ugo Rossi). Sommario I - La costruzione dell’immaginario 9 Antonio Pizza, Introduzione 13 Alberto Rubio-Garrido, Juan Calduch-Cervera, Arquitectura, ciencia y mito. Goethe en Sicilia 21 Anna Giannetti, Quando il Mediterraneo scompare. Finis terrae tra libertà e inquietudine 31 Giuseppe Pignatelli, Prima del mito. Il viaggio di Pasquale Mattej nelle isole Ponziane 41 Antonio Pizza, “Esperienza e povertà” nel Mediterraneo: Walter Benjamin, Raoul Hausmann, Erwin Broner nella Ibiza degli anni Trenta 55 Aitor Acilu, Rubén Alcolea, Carlos Labarta, Zweckdienstlichen Form. La arquitectura rural de Ibiza a través de la Leica de Erwin Heilbronner 67 Luis Ruiz Padrón, Antonio Gámiz Gordo, Imágenes viajeras. Málaga en las tarjetas postales de Photoglob Zürich hacia 1905 79 Iñaki Bergera, Imágenes junto al mar. Evolución del imaginario mediterráneo en la fotografía española de la modernidad 91 Antonella Basilico, Tra realtà e idealizzazione: Capri nel linguaggio artistico contemporaneo 101 Maite Méndez Baiges, El estilo del relax y la imagen pop de la Costa del Sol 111 Cristina Arribas, Modernidad Mediterránea. La imagen moderna de España en los años 60 a través de las postales turísticas 119 Roberto Serino, Sfasamenti… Enigmi decifrati dal mare II - Progetto e costruzione dell’architettura 129 Fabio Mangone, Introduzione 133 Juan Calatrava, Charles Garnier y la arquitectura mediterránea: de la tradición Beaux-Arts al mito solar moderno 143 Monica Livadiotti, Costruire l’immagine del Dodecaneso tra identità italiana e Oriente immaginifico 157 Fabio Mangone, Aalto e il Mediterraneo 167 Lucia Miodini, Il progetto domestico della casa all’italiana e il dibattito sulle origini mediterranee dell’abitazione moderna 179 Gemma Belli, IV Congrès d’Architecture Moderne: architetti in viaggio attraverso il Mediterraneo 5 187 Giovanni Menna, Piccola macchina per abitare il Mediterraneo. La Cabina da Spiaggia di Luigi Cosenza (Napoli-Milano 1936) 197 Ugo Rossi, The Mediterranean is not a Myth. Bernard Rudofsky’s Mediterranean Eutopias 205 Elena Dellapiana, Case e sandali: Bernard Rudofsky dalle isole del Mediterraneo al mito dell’anonimo 215 Barbara Bertoli, Suggestioni mediterranee. Il patrimonio botanico della Mostra d’Oltremare 225 Antonello Monaco, Casa Lezza a Ischia Porto: Reporting from the Mediterranean Front 235 Massimiliano Savorra, Il Mediterraneo per tutti. Georges Candilis e il turismo per il Grande Numero 247 Federica Visconti, Una κοινὴ mediterranea e moderna 255 Cherubino Gambardella, Bum III - I luoghi del turismo 263 Andrea Maglio, Introduzione 267 Sergio Pace, Il mare d’inverno, e poi anche d’estate. Nizza Marittima, città di villeggiatura nell’età della Restaurazione sabauda (1815-60) 281 Salvatore Di Liello, Dal refuge all’utopia del modernismo: Procida nel Novecento 293 Ciro Buono, La linea di costa di Pozzuoli. Progetti e trasformazioni nel Novecento 305 Renata Picone, Capri e il Mediterraneo. Architetture e paesaggi da consegnare al futuro 317 Chiara Baglione, Immaginare la “Capri del Nord”. Architetti e architetture all’isola d’Elba 329 Andrea Maglio, L’altra faccia del golfo. Ischia e l’architettura mediterranea 343 Julio Garnica, Cadaqués, isla del Mediterráneo 353 Salvador Guerrero, Maria Cristina García González, Ifach o la ‘invención’ de un paisaje mediterráneo 363 Carolina De Falco, Paesaggi e città della Costiera Amalfitana nell’immaginario iconografico, culturale e turistico del Novecento 371 Sílvia Musquera i Felip, Costa Brava, la invención de un paisaje 379 Adele Fiadino, Progettare nel Mediterraneo: l’edilizia residenziale sulle coste italiane nel secondo dopoguerra (1945-1970) 387 Pisana Posocco, L’invenzione dei luoghi turistici. Lo stile “costa Smeralda” tra primitivo e catalano IMMAGINARE IL MEDITERRANEO ARCHITETTURA ARTI FOTOGRAFIA I La costruzione dell’immaginario Il mare d’inverno, e poi anche d’estate. Nizza Marittima, città di villeggiatura nell’età della Restaurazione sabauda (1815-60) Sergio Pace Nella cittadina termale di Plombières, l’incontro fra Cavour e Napoleone III si svolge il 21 luglio 1858: i destini dell’Italia unita sono segnati in poche ore. Talvolta, però, si sottovaluta come anche altri destini siano segnati in quel medesimo giorno. In seguito a tali accordi, infatti, dal 14 giugno 1860 l’antica Contea di Nizza è “riunita” alla Francia: così, la città di Nizza Marittima diviene definitivamente Nice, capoluogo del dipartimento delle Alpes-Maritimes. Scivolata dalla storia nazionale sabauda alla storia nazionale francese, Nizza sembra cambiar pelle rapidamente, diventando uno dei più sofisticati luoghi di mondanità e villeggiatura internazionali in modo quasi inatteso. Una terra aspra e marginale, da cinque secoli ai confini di due regni, si sarebbe trovata a dover inventare una nuova identità, imprevista e tutt’altro che consequenziale. Come in ogni mitologia della modernità che si rispetti, nel giro di qualche anno ecco il treno arrivare da Parigi, poi le società immobiliari e finanziarie costruire gli alberghi belle époque e, quindi, i miliardari, gli artisti, i cantanti, gli attori sovvertire abitudini e lanciare mode: l’invenzione della Costa Azzurra sembrerebbe cosa fatta in tempi fulminei1. Non è proprio così, come soprattutto la storia culturale negli ultimi anni ha messo in luce. I primi letterati inglesi arrivano sul litorale mediterraneo addirittura a metà Settecento; l’intervallo rivoluzionario non sembra compromettere il successo di un luogo di loisir indifferente ai confini politici e amministrativi. In particolare, la città di Nizza – sabauda dal 1388 – già nel primo Ottocento pare cambiare volto, costruendo, accanto alla città antica e oltre il torrente Paglione o Paillon, la città degli inglesi, dei touristes: ampia, salubre, ricca, verde. La descrizione che ne fa Goffredo Casalis nel 1843 è inequivocabile: la piccola città portuale del Regno sabaudo pare già in preda a una febbre di trasformazione, sostanzialmente estranea alle furie risorgimentali – con buona pace del generale Garibaldi, nato proprio a Nizza nel 1807 – ma mossa da dinamiche affatto estranee agli altri territori del Regno. Non è un fenomeno scontato, né forse ben calibrato dalla storiografia, specie novecentesca, che spesso è condizionata dalle questioni legate al mouvement nationalitaire che porta all’annessione alla Francia della Contea. Con qualche semplificazione, talvolta esagerata, taluni autori inducono a ritenere lo sviluppo turistico della città e della sua regione quale frutto di questa rinnovata identità: come persino le più banali serie cronologiche possono testimoniare, la storia è diversa. Alter ego della cittadina di Aix (in passato Aquae Allobrogum, quindi Aix-lesBains), adagiata tra le montagne della Savoia e meta di viaggiatori attratti dal potere benefico delle sue acque sulfuree2, Nizza vive una crescita rilevante durante i cruciali regni di Carlo Felice (1821-31) e Carlo Alberto (1831-49). Non si tratta di un dato scontato, poiché il nuovo assetto determinato dal Congresso di Vienna ha consegnato al Regno di Sardegna un ben più strategico affaccio sul mar Mediterraneo: Genova, con il suo porto. Nei primi anni della Restaurazione, già lontana e mal collegata alla capitale, Nizza rischia di divenire modesto luogo di frontiera, in un’area ormai troppo periferica per risultare anche solo interessante agli occhi della casa regnante. E, invece, riprendendo come se nulla fosse stato un ruolo acquisito in età pre-rivoluzionaria, Nizza torna a essere una località eccentrica ma interessante nelle frastagliate geografie sabaude. 267 1. Nizza (1625 ca., Nizza, Archives Municipales). È difficile stabilire con esattezza quando Nizza sia divenuta luogo di villeggiatura per un numero significativo di famiglie provenienti da altre parti d’Europa: ad esempio, Charles de Brosses, giunto in città il 19 giugno 1739, non ne ricava un’impressione memorabile: «la città è poca cosa, a quel che mi è parso, e tuttavia ben popolata e dalle case piuttosto alte»3. Così, è opportuno concordare con l’ipotesi più prudente, secondo cui i primi véritables hivernants sono registrati a partire dalla metà del Settecento, anche se soprattutto concentrati a Hyères, cittadina francese che vede un discreto e precoce afflusso di turisti inglesi4. Di certo, il clima mite innanzitutto deve aver favorito l’arrivo di pochi ospiti illustri già in quegli anni: colpito dal vaiolo, il re Carlo Emanuele III sceglie di trascorrere proprio nella città costiera un lungo periodo di degenza, felicemente terminato all’inizio del 17475. Gli anni Quaranta sono, tuttavia, ancora assai difficili, a causa della guerra che il Regno di Sardegna dal 1742 è impegnato a combattere contro le temibili forze gallo-spagnole: una guerra che condiziona in modo drammatico la vita delle provincie di confine – e Nizza, con il suo porto, prima tra queste, subendo un’occupazione nel 1744. Occorre attendere la firma del trattato 268 di Aquisgrana, nel 1748, per intravedere quel che sarà un lungo periodo di pace, per il Regno, in genere, e per le città al di là delle Alpi, in particolare. Dopo un primo periodo di assestamento, durante il quale sono definiti i confini con il turbolento vicino francese e rafforzate le infrastrutture civili e militari soprattutto con la costruzione del nuovo porto, al termine degli anni Cinquanta la città pare rinascere, più prospera che mai, e gli stranieri, ormai rassicurati dalle vicende internazionali, possono tornare a godere del suo clima mite6. Così, la prima testimonianza significativa di un lungo soggiorno di villeggiatura nizzarda rimane di Tobias George Smollett, medico e letterato scozzese che, intrapreso un lungo viaggio in compagnia dalla moglie attraverso la Francia e l’Italia, giunge a Nizza nell’inverno del 1763: il suo diario, in forma di raccolta epistolare, pubblicato a Londra quattro anni dopo, ne costituisce un dettagliatissimo resoconto, particolarmente attento alle questioni ambientali e climatiche visto lo stato di salute precario del suo autore7. Il primo fenomeno che colpisce lo scrittore, all’arrivo, è l’inusitato prezzo delle case: «potrei prendere in fitto qualcosa di assai migliore nei dintorni di Londra con la stessa somma di denaro». La soluzione sarà accettare l’offerta gratuita di un alloggio di proprietà del console britannico, «meravigliosamente situato nei pressi della costa, aperto su una terrazza che corre parallela alla spiaggia e forma parte delle mura cittadine»8. Proprio affacciandosi da queste mura, Smollett riesce a godere di uno spettacolo affascinante, soprattutto per la sovrabbondanza di vegetazione, impensabile alle latitudini della sua madrepatria. Tutt’intorno, alla distanza, l’osservatore intravede grandi ville, appartenenti alla nobiltà, o gradevoli cassine, nei migliori dei casi abitate dalla borghesia, più in generale da contadini, che spiccano col bianco dei loro intonaci contro il verde degli olivi9. La magnificenza dei paesaggi naturali, tuttavia, pare contrastare con un paesaggio sociale ancora lontano dai lussi ottocenteschi: pur tenendo in conto una dose di snobismo britannico, colpisce la descrizione di una nobiltà dignitosa ancorché priva di mezzi, di una bor- ghesia di origine incerta, quando non oscura, di una popolazione di contadini e pescatori ai limiti della sopravvivenza: una povertà che, addirittura, Smollett vede riflessa negli animali domestici, invariabilmente smunti e affamati10. Per non parlare, poi, «dello stato delle arti e delle scienze a Nizza; che, in verità, è quasi il buio completo»11. All’autore così non resta che godere della natura circostante, anche magari facendo bagni di mare dall’inizio di maggio; tale abitudine, in effetti, è prima guardata con sospetto dagli altri abitanti e poi – visto lo stato di ottima salute – imitata da molti altri in città: uomini, direttamente in spiaggia, e donne, cui l’acqua marina, per maggior decenza, è portata fin dentro casa12. È il clima mite il vero magnete di cui dispone Nizza, che potrebbe attrarre qualunque europeo sulla costa, alla ricerca di un ambiente salubre: impagabile, nonostante il caldo estivo, ma soprattutto incomparabile con quello che si può avere anche in località non distanti, come le terme di Aix in Savoia, pure frequentate da inglesi. Nel ventennio di pace che precede gli eventi rivoluzionari, almeno fino all’incruenta occupazione francese dell’aprile 1792, la comunità di villeggianti cresce su tali premesse, favorita dai buoni rapporti del governo sabaudo con le nazioni di provenienza: Regno Unito, innanzitutto. I dati sono giocoforza incerti, ma si può ipotizzare che, alla metà degli anni Ottanta, almeno trecento siano i residenti stranieri nella stagione invernale13. «Le case di campagna dei dintorni di Nizza sono popolate di inglesi, francesi, tedeschi; ogni gruppo forma una colonia: è qui che, da tutti i paesi del mondo, si sfugge all’inverno. Nizza, durante l’inverno, è una specie di serra per chi ha una salute delicata», scrive Charles Dupaty nel 178514. La colonia inglese, in verità, prevale sulle altre, non foss’altro per il lignaggio degli ospiti. Per esempio, il duca di Gloucester, fratello di re Giorgio III, è a Nizza nel 1772, di passaggio, ma vi soggiorna stabilmente durante tutto l’inverno successivo con la duchessa sua moglie, i loro tre figli e una numerosa servitù. Accompagna questa nobile famiglia nel soggiorno e poi nel Grand Tour italiano, l’ingegner Jean-François Albanis 2. E. Trachel, Veduta di Nizza dalla Strada di Genova, 1812 (Nizza, Musée Masséna). Beaumont, nato a Chambery e poi trasferito – per intervento di Vittorio Amedeo III e intermediazione di Filippo Nicolis di Robilant – a Nizza, dove collabora ai lavori del port Lympia e, soprattutto, si dedica alla redazione di alcune tra le più affascinanti vedute dei luoghi, sia alpini sia costieri, del Regno di Sardegna15. Assieme ai Gloucester, molti altri britannici giungono sulla costa, arricchendo non soltanto la colonia inglese ma anche, con spese cospicue quanto inattese e un tenore di vita elevato, i nativi nizzardi. Ancorché composte da un limitato numero di famiglie, le comunità straniere hanno qualche difficoltà a trovare alloggio nel vieux Nice, dalle strade strette, buie e sovraffollate. Gloucester e famiglia trovano casa in Via San Francesco da Paola ma, sempre più spesso negli ultimi decenni del Settecento, accade che i villeggianti trovino ricetto al di là del Paglione, nel nascente sobborgo cosiddetto della Croce di Marmo, lungo quella Strada di Francia che, parallela alla linea di costa, porta verso il confine francese. La Pianta della città di Nizza colle ampliazioni che vi si debbono fare, disegnata da Millière agli inizi del 1792, è particolarmente istruttiva. Da nord, la “Strada del Piemonte” entra in città, attraverso la Porta Vittorio, 269 3. C. Roassal, Il Passeggio degli Inglesi, 1828-32 (Nizza, Musée Masséna). 4. C. Roassal, La passeggiata dei Bastioni, 1828-32 ca. (Nizza, Musée Masséna). aprendosi sulla piazza omonima, nel 1780-92 risistemata su un perimetro regolare, quasi interamente porticato secondo il disegno del ticinese Antonio Spinelli, dove trova sede la Dogana16. La città vecchia è tutta lì, cresciuta ai piedi della collina del “vecchio castello”: a sud, superato il grande isolato del Palazzo del Governo, col suo “regio giardino”, unico varco sul “terrazzo pubblico” aperto sul mare, s’apre la Porta Marina. A oriente e occidente della città vecchia, due grandi “progettate ampliazioni”, con isolati grandi e strade regolari, stanno prendendo forma: il primo intorno al nuovo porto, il secondo verso la foce del Paglione. In particolare quest’ultima – la Villa Nova, ampliamento nato agli inizi del Settecento intorno a quella Via San Francesco da Paola dove si va concentrando l’élite cittadina, soprattutto straniera – pare di rilevantissima importanza, visto che prelude a un nuovo ponte – il primo e unico è il più in alto, verso la piazza di San Giovanni Battista – che conduce a un’area poco urbanizzata, intorno a un’unica strada “del Varo”, poi di Francia, lungo cui sorgono poche case isolate, per lo più circondate da giardini, a mezzogiorno prospicienti direttamente la spiaggia17. Il processo di crescita, tuttavia, conosce una fase d’arresto imprevista quanto prolungata. Nonostante l’esponenziale sviluppo dell’attività portuale, favorita dalle franchigie nonché dalla conseguente crescita di bacino e ormeggi, gli anni rivoluzionari e napoleonici prevedibilmente non favoriscono gli ozi di questa sofisticata colonia di hivernants d’oltremanica, sostanzialmente isolati da una popolazione in maggioranza tutt’altro che ricca e sofisticata, peraltro collegata alla capitale solo da un faticoso cammino che passa arrampicandosi sul colle di Cornio, alias Col di Tenda. È questa una strada impervia, nel suo tratto alpino percorribile soltanto nelle stagioni propizie, priva com’è di un traforo pur agognato da molti decenni, e resa carrozzabile solo al termine del regno di Vittorio Amedeo III, grazie a complicati lavori avviati con lettere patenti del 23 maggio 1780 e, almeno parzialmente, conclusi quattro anni dopo: giusto in tempo – si direbbe – perché le truppe rivoluzionarie possano, di lì a poco, più confortevolmente invadere il Piemonte18. Occorre attendere la Restaurazione sabauda per vedere non solo l’inaugurazione di un regolare servizio di diligenze lungo la Real Strada da Torino a Nizza, attraverso il Col di Tenda, ma anche il ritorno delle comunità straniere e, quindi, la rinascita del turismo costiero. Dopo il 1814, vale a dire dopo il ritorno di re Vittorio Emanuele I nei suoi possedimenti costieri, ampliati dal Congresso di Vienna fino a Oneglia in Liguria, più facilmente raggiungibili peraltro grazie alle infrastrutture viarie promosse da Napoleone, Nizza ritrova la propria 270 fervida comunità di stranieri, soprattutto inglesi, di nuova generazione, ormai interessati a insediarsi in città in forme sempre più stabili: non a caso, a dispetto dei molti provvedimenti regi, conservatori se non reazionari in materia di religione, è concessa l’edificazione di una cappella anglicana, con annesso cimitero, nel sobborgo della Croce di Marmo, in via di costruzione al di là del torrente: nel 1820 apre le sue porte la chiesa parrocchiale di Holy Trinity, direttamente posta sotto la protezione del vescovo di Londra. In forma di abitazione privata, come del resto la concessione regia impone, l’edificio originario sopravvive in un’incisione di Paolo Emilio o Paul-Émile Barberi che, peraltro, si attribuisce la paternità del progetto19. Molti altre caratteristiche della città e del suo territorio non sono cambiate, e non è detto sia sempre un bene: ad esempio, il porto di Limpia è rimasto piccolo, incomparabile a quello di Genova appena acquisito al Regno, ma anche l’infrastruttura stradale è rimasta assai povera e i collegamenti con la capitale, nonostante il completamento dei lavori al Tenda, assai difficili, tanto da costringere i viaggiatori – anche quelli provenienti dal centro Europa – ad attraversare la Francia ed entrare dal ponte sul Var. Lo scenario sociale, inoltre, è cambiato poco: le economie sono modeste, il tasso di disoccupazione è tale da garantire manodopera a basso costo in molti settori – naturalmente compreso quello dei lavori domestici, particolarmente richiesti dagli hivernants. Così, «Nizza, città amministrativa modesta, quasi senza industrie, con un retroterra povero, non ha altre opportunità di cambiamento che la stagione invernale»20. D’altra parte, le qualità terapeutiche di questi luoghi sembrano moltiplicarsi e durano ben oltre il ritorno del Re sabaudo, contribuendo a rendere la città, ormai davvero marginale nello scacchiere politico piemontese, un luogo ameno di delizie o quasi un paradiso perduto. Forse la descrizione più affascinante di questo luogo, già alla metà degli anni Venti, è data da Antoine-ClaudePasquin Valery, infaticabile viaggiatore e cronachista: «la popolazione si compone principalmente di questa colonia languida di stranieri opulenti, per lo più vittime 5. C. Roassal, Vista del Ponte San Carlo, 1828-32 ca. (Nizza, Bibliothéque du Chevalier de Cessole). dei falsi piaceri sociali, distrutti anzitempo da questa vita felice in apparenza, ma in fondo tanto miserabile, e la cui inquietudine, i cui rimpianti, le cui delusioni sono l’incurabile malattia»21. Sono, questi, i primi anni del regno di Carlo Felice, all’inizio del secondo ventennio del secolo. A parte le terrazze di cui ha parlato già Smollett, costruite sul sito delle antiche mura ai piedi della collina del Castello22, la città di Nizza, cresciuta introversa soprattutto lungo il corso terminale del Paglione, non ha ancora un vero e proprio affaccio sulla baia. Un primo segnale importante si ha quando il luogotenente generale, Ignazio Thaon di Revel, appoggia la richiesta municipale di smilitarizzare la collina del castello che così, come prescritto dalle lettere patenti regie del 3 maggio 1822, si avvia a diventare un luogo di loisirs piacevolmente immerso nel verde e con magnifica veduta sulla baia. Altro elemento decisivo nello sviluppo della città verso occidente è la costruzione del nuovo ponte sul Paglione, avviata fin dai progetti del gennaio 1816, promossi dal generale Giovanni Pietro Luigi Cacherano d’Osasco, poco dopo nominato governatore della divisione di Nizza: l’intento è esplicito, cioè favorire il collegamento tra il vieux Nice e i nuovi sobborghi abitati e/o frequentati dai turisti, oltre che procurare nuova occupazione ai cittadini più indigenti. Nonostante le dif271 6. Consiglio d’Ornato, Piano regolatore della Città di Nizza Marittima, dettaglio, 1829-32 (Nizza, Archives Municipales). ficoltà di bilancio, il ponte – intitolato a San Carlo – è costruito, e aperto alla circolazione dal 4 novembre 1824, dando così avvio alla sistemazione della riva sinistra del Paglione, trasformata nella Passeggiata dei Bastioni, abbattuti in realtà da oltre un secolo23. Due anni dopo è avviata un’altra pratica, destinata a consolidare l’immagine di Nizza quale città culturalmente attiva e, quindi, attraente per un pubblico raffinato, soprattutto forestiero: la municipalità acquista il sito del vecchio teatro, costruito dalla marchesa Anna Maria Alli Maccarani dal 17 settembre 177624, ma ormai divenuto insufficiente, per trasformarlo in un moderno Teatro Regio – Théâtre Royal – dedicato all’opera. Il progetto dell’ingegnere architetto torinese Benedetto Brunati – tecnico di fiducia della corte sabauda – è realizzato nell’arco di pochissimo tempo, completato da un magnifico sipario dipinto da Giovanni Battista Biscarra: così, l’inaugurazione può avvenire il 26 ottobre 1827. Il sovrano, nel frattempo, non soltanto favorisce tale febbrile lavoro di rinnovamento dell’antico possedimento costiero, ma arriva a goderne i frutti in due occasioni: da vero hivervant – ed è una novità assoluta 272 per la casa reale – Carlo Felice trascorre a Nizza prima un paio di mesi dell’autunno 1826 e poi l’intera stagione invernale del 1827-28, dedicando il proprio tempo senz’altro a questioni politiche ma anche, e forse soprattutto, a lunghe passeggiate, serate teatrali, gite fuori porta e ricevimenti mondani, accompagnato sempre dalla moglie e accolto con fervido entusiasmo dai notabili nizzardi: la festa di compleanno della regina Maria Cristina a Palazzo Reale, il 16-17 gennaio 1828, diviene un evento memorabile25. A testimonianza di una vacanza dallo straordinario valore politico e culturale, in un messaggio al primo Segretario di Stato per gli Affari Esteri inviato nel marzo 1828, tra i ringraziamenti il Re introduce una notazione interessante, chiedendo di rendere pubblici i dettagli dei festeggiamenti in onore della Regina, al fine «di attirare a Nizza un maggior numero di stranieri per gli inverni a venire»26. La considerazione di Nizza a Torino rimane alta anche durante il regno del suo successore, Carlo Alberto, che infatti nomina fin dal luglio 1831 proprio un nizzardo – il conte Antonio Tonduti della Scarena (o de l’Escarène) – quale Segretario di Stato per gli Affari Interni. È proprio quest’ultimo funzionario che favori- 7. Il Passeggio degli Inglesi, 1841 (Nizza, Acadèmia Nissarda). sce, fin dal 1824, la rapida redazione e approvazione, il 26 maggio 1832, del nuovo Piano regolatore della città di Nizza Marittima redatto sulle basi del voto emesso dal Congresso permanente d’acque e strade, messo a punto da Jean-Antoine Scoffier e Louis Trabaut, rispettivamente architetto e geometra della città: l’attenzione è rivolta soprattutto al completamento del tessuto urbano della Villa nova e al suo sviluppo al di là del nuovo ponte di San Carlo, volto a costruire una connessione con la strada che si dirige verso il confine francese, parallela alla linea di costa27. Con le medesime lettere patenti, inoltre, s’istituisce un inedito Consiglio d’Ornato, ispirato al Consiglio degli Edili torinese, creato nel 1822 e riformato proprio nel 183228. Con una struttura simile a molti dei consigli istituiti negli stessi mesi, al fine di avviare una strategia di pianificazione della crescita dei centri abitati delle province sabaude, il Consiglio nizzardo è presieduto dal Primo Console e composto di soli nove membri, tra cui il giudice del mandamento entro le mura, l’ingegnere della provincia, il primo “riguardatore”, l’architetto della città, due consiglieri municipali e due membri di nomina municipale, scelti tra gli intendenti di belle arti: una burocrazia piuttosto agile, dunque, destinata a reggere le sorti della crescita urbana fino all’annessione della città alla Francia29. Una parallela riforma dell’amministrazione municipale consente, peraltro, un’accelerazione straordinaria dei meccanismi di funzionamento della macchina amministrativa, indispensabile al nuovo corso che s’intende imprimere alla città e alla sua regione. Un numero sensibile di lavori pubblici, così, s’avvia fin dai primi anni Trenta. L’obiettivo è far crescere la città con la consapevolezza della sua ormai evidente vocazione turistica, nonostante le perplessità del bigottissimo sovrano sui costumi morali che questo avrebbe implicato30. L’élite locale, al contrario, è sempre più convinta di questi destini futuri, fino a immaginare poco a poco anche la possibilità e i vantaggi di una stagione di vacanze estive, a completamento di quelle invernali: l’intendente generale della Divisione cittadina, Pantaleo Gandolfo, nel 1840 favorisce l’installazione di un primo edificio di “bagni detti all’orientale”, ossia destinato a offrire bagni di mare, bagni d’acqua dolce e bagni di vapore. D’altronde, anche il paesaggio, naturale o artificiale, in effetti sta cambiando in fretta. Fin dagli anni 273 8. Consiglio d’Ornato, Piano regolatore dei sobborghi di S[an] G[iovanni] B[attista] e della Croce di Marmo, dettaglio della Passeggiata degli Inglesi, 1854-58 (Nizza, Archives Municipales). napoleonici l’imperatrice Joséphine, appassionata di vegetazione tropicale, ha favorito l’importazione, a Parigi ma anche sulla costa, di specie rare o inedite in Europa: dall’eucalipto all’ibisco, dalla magnolia alla camelia, dalla fresia all’iris, molti arbusti o fiori contribuiscono a trasformare lo scenario, in termini di colori e odori che per molti visitatori divengono irresistibili. Il clima mite presto appare come primo motore immobile di una rappresentazione del paesaggio destinata a divenir canonica, anche in descrizioni dotate, almeno nelle intenzioni, di un buon grado di obiettività, com’è quella dello storico e geografo saluzzese Goffredo Casalis: «i venti di mare sogliono temperare l’estivo calore; qualche volta in primavera e nell’autunno, il scirocco ed il maestro vi si fanno sentire, ma di rado occasionano malattie. Le Alpi guarentiscono quest’ampia regione dai venti settentrionali, in modo che vi è sempre dolce l’inverno. […] Non evvi forse alcun paese in Europa che produca una sì grande quantità di lauri, di mirti, di rose e di altri olezzanti fiori, durante tutto l’inverno, non essendo raro di vedervi sul finir di dicembre molti alberi fioriti ed alberi coperti di frutta»31. Già alla fine degli anni Trenta quest’incantato paesaggio poco antropizzato affascina i visitatori più attenti, 274 come ad esempio Alexandre Dumas padre che, passando per la Nizza carloalbertina in direzione Firenze, lascia una testimonianza inequivocabile quanto affascinante di una città che, sontuosamente, è rappresentata come una donna d’armi, sempre fedele alla corona sabauda ma, più prosaicamente, può forse meglio anche assomigliare a «una bella cortigiana, mollemente coricata al bordo del suo specchio d’azzurro, all’ombra dei suoi aranci in fiore, coi suoi lunghi capelli abbandonati alle brezze marine, con i flutti a bagnare i suoi piedi nudi, poiché Nizza è la città della dolce pigrizia e dei piaceri facili». Lo scenario naturale incantato, inoltre, è completato da uno scenario urbano assai inconsueto, agli occhi dello scrittore: «ci sono due città a Nizza, la città vecchia e la città nuova, l’Antica Nizza, e la Nice new, la Nizza italiana e la Nizza inglese. La Nizza italiana, addossata alle sue colline con le sue case scolpite o dipinte, le sue madonne agli angoli delle strade e la sua popolazione, dai costumi pittoreschi, che parla, come dice Dante, la lingua – del bel paese dove il si suona –. La Nizza inglese, dove il sobborgo di marmo con le sue strade regolarissime, le sue case imbiancate a calce, le finestre e le porte disposte con regolarità, e la sua popolazione equipaggiata di ombrelli, veli e stivaletti verdi, che dice Jes»32. In effetti, anche altre comunità di forestieri in città continuano a crescere lungo tutto il primo Ottocento: ai britannici, in crescita perpetua, presto si aggiungono i francesi e soprattutto i russi. L’invadenza topografica della comunità britannica, tuttavia, è tale, come del resto i suoi investimenti fondiari e immobiliari, che le altre comunità di stranieri trovano maggior convenienza a stabilirsi ai margini del sobborgo della Croce di Marmo: ad esempio, lungo la Strada di Francia o addirittura, a ovest, verso i quartieri di San Filippo o Beaumettes. A ogni modo, negli ultimi anni del dominio piemontese le statistiche concordano nel contare un migliaio di famiglie provenienti da tutt’Europa33. Tra i numerosi ospiti illustri, si registrano in città Hector Berlioz (1831), Nicolaj Gogol (1843-44) e l’imperatrice Aleksandra Fёdorovna (1856-57), vedova dello zar Nicola I di Russia, di salute cagionevolissima ma dall’appeal mondano inevitabile, tale da catalizzare per molti mesi l’attenzione della compassata stampa sarda, in particolare durante la visita di Vittorio Emanuele II, accompagnato da Cavour e Rattazzi, giunti fin sulla costa a renderle omaggio – con un arrière-pensée politico, probabilmente – il 22 gennaio 185734. Proprio la breve visita del sovrano piemontese è un’altra occasione per osservare da vicino una città che sta crescendo in prosperità e mondanità quant’altre mai nel Regno di Sardegna. Gli appuntamenti mondani si sovrappongono, con la partecipazione – al ballo offerto nei saloni del théâtre royal – di un’élite cosmopolita straordinaria: «mai in vita mia avevo visto tanti abiti brillanti, tante uniformi di tutte le nazioni, russi, inglesi, francesi, prussiani, spagnoli, turchi, tutti mescolati»35. Negli anni di Vittorio Emanuele II, la città ormai è cresciuta, avendo quasi raddoppiato i ventitremila abitanti registrati al 1815. Il processo è ormai irreversibile e la portata delle sue conseguenze probabilmente sfugge all’amministrazione sabauda che, tuttavia, tenta di assecondare questo flusso, sempre crescente, d’immigrazione stagionale con provvedimenti che mirano, se non a dirigere, almeno a condividere tale sviluppo almeno nella costruzione dei luoghi. La città storica rimane quasi indietro, rispetto alla città nuova. Tra l’altro, ne sono testimonianza per contrasto, ad esempio, le vicende dell’architettura sacra in città. Da un lato, infatti, si osservano le difficoltà che incontra un cantiere, assai tradizionale, com’è quello per la Chiesa della Madonna delle Grazie o du Voeu, progettata nel quartiere di San Giovanni Battista quale ringraziamento per lo scampato pericolo di un’epidemia di colera del 1832 e affidata nell’agosto 1840 agli studi di progetto di Carlo Bernardo Mosca36 ma conclusa solo al termine con la benedizione del Vescovo il 15 agosto 1852; dall’altro, nelle aree abitate dalle comunità straniere, in pochi anni si costruisce la nuova chiesa ortodossa russa di San Nicola e Santa Alessandra, su progetto degli architetti Aleksandr Kudinov e André-François Barraya (1856-59), mentre s’avvia il cantiere della nuova chiesa 9. Plan de la ville de Nice et de ses faubourgs avec le tracé des alignements approuvés, 1860 (Nizza, Archives Municipales). anglicana, grazie a un sorprendente progetto neogotico dell’architetto britannico – ma dal 1852 attivo sulla Côte – Thomas Smith (1858-62). Da questo insieme variopinto di fenomeni si osserva come, con l’aumento del numero di visitatori più o meno stagionali e ricorrenti, quel che sta mutando fin dal primo ventennio dell’Ottocento sono le ragioni e le modalità della vacanza. Sempre meno sono coloro che arrivano per motivi strettamente terapeutici: il destino di una città sanatorio s’attenua nel corso del tempo, per lasciar posto a un’altra città, quella delle vacanze, dell’ozio, della paresse incantata37. Poco a poco, sia le immagini sia le narrazioni restituiscono l’immagine di una città dedita al più vacuo e, al tempo stesso, salutare dei passatempi: passeggiare diviene uno degli obiettivi del soggiorno. Non più città medicamentosa, ma non ancora città balneare, non più solo propaggine di una campagna fertile, ma non ancora attracco privilegiato del loisir nautico, dal secondo quarto del XIX secolo Nizza s’avvia a diventare la città dove la borghesia urbana europea celebra un rito straordinario, dove gli interessi di una sociabilité raffinata incontrano le ansie di una salubrità ossessiva: la promenade diviene la ragione primaria dell’esistenza stessa della città. La novità merita d’essere sottolineata, come ha fatto Alain Corbin scrivendo che «poco a poco, l’aspetto 275 10. Ch. Nègre, Hotel des Anglais, Nice, 1865 ca. (Nizza, Theéâtre de la Photographie et de l’Image Charles Nègre). edonista ha parzialmente cancellato l’aspetto terapeutico. Far sosta, deambulare sulla spiaggia sono divenuti piaceri. Allo stesso tempo, il terrore ispirato dal sole cede il passo al convincimento dei benefici che procura38. È così che s’è compiuto il rinascimento del desiderio di spiaggia»39. Tale rinascimento, peraltro, trova un luogo privilegiato nella più singolare iniziativa che Nizza restaurata conosca: l’avvio della costruzione di quel Cammino degli Inglesi che, presto, diverrà Passeggiata e quindi Promenade des Anglais. La storia di questa straordinaria passeggiata, nella sua massima estensione destinata ad accompagnare la 276 linea curva della baie des anges per oltre quattro chilometri, è quantomeno singolare, soprattutto poiché frutto di una quasi esclusiva iniziativa privata, realizzata in tempi rapidi ma indefiniti da piani generali40. Le autorità cittadine, che pure negli anni della Restaurazione sono riuscite a indirizzare e gestire un notevole sviluppo della città a oriente, verso il porto, e a occidente, verso i sobborghi della Croce di Marmo e di San Giovanni Battista, almeno agli inizi non sembrano altrettanto consapevoli dell’importanza che la costruzione della passeggiata a mare in pochissimo tempo acquisisce, anche se è possibile che l’intervento dei capitali britannici, determinanti per la costruzione della passeggiata, sia considerabile come un equo risarcimento per le sempre maggiori libertà di cui la comunità gode in città, ad esempio con la costruzione della cappella di Holy Trinity proprio in questi anni. A tali ragioni andrebbe ricondotta l’iniziativa del reverendo Lewis Way e di suo cognato Whitley, che decidono di raccogliere fondi presso i loro connazionali per realizzare motu proprio quel che presto sarà chiamato camin de mar o dei Anglès dai nizzardi. D’altra parte, quando i lavori sono conclusi, alla metà degli anni Venti, la passeggiata ha cambiato i connotati di questi luoghi: nel 1829, Carlo Felice la percorre quasi tutti i giorni per compiacere sua moglie Maria Cristina di Borbone-Napoli, cui ricorda la passeggiata di Portici41. Il paragone, del resto, pare tutt’altro che azzardato: come si può intendere dall’esame dei catasti, lungo questa passeggiata la ville sono costruite in modo diverso dalle grandi abitazioni di campagna del passato, dove la residenza padronale si accompagna a una vera e propria azienda agricola; a Nizza, come in precedenza a Portici lungo il Miglio d’oro oppure in qualche esempio genovese, si tratta di vere e proprie ville urbane, dove il verde circostante è sempre più un giardino ben curato, grazie al quale ciascun villeggiante può godere meglio della posizione e della vista sul mare, favorita dalle grandi aperture praticate sul fronte meridionale dell’edificio principale42. Il foglio del Piano dei siti arenili compresi tra la foce del Torr.te Paglione e quella del fiume Varo, pro- dotto dal Consiglio di Ornato nell’agosto 1835, vede la lottizzazione lungo la Strada Reale del Varo, cioè la Strada di Francia, già completata tra i torrenti Paglione e Magnano, a occidente del nucleo storico. Dal disegno appare chiaro anche come il camin serva a delimitare uno spazio certo, a monte del quale sia possibile lottizzare senza dover fare i conti con l’instabilità della linea di costa costituita dalla spiaggia di proprietà municipale: luogo straordinario di loisirs, la passeggiata nasce anche come dispositivo regolatore di un’urbanizzazione extra muros, ormai assai appetibile43. Occorrono anni perché le logiche di crescita di questi luoghi siano inscritte in una strategia e in una politica urbana: ad esempio nel Piano regolatore dei sobborghi di S[an] G[iovanni] B[attista] e della Croce di Marmo, proposto nel 1854 e approvato da Vittorio Emanuele II il 20 giugno 1858, è evidente il tentativo di inquadrare quanto si è andato costruendo fino a questo momento in una trama di strade e isolati quanto più possibile regolare, considerata anche l’ansa formata dal Paglione44. Il denaro investito è ormai tanto, e altrettanto denaro si prevede che sarà investito in futuro, difficilmente riconducibile solo all’iniziativa di pochi britannici facoltosi: forse dopo un primissimo momento di smarrimento, la municipalità e le élites locali ormai guardano all’impresa con interesse crescente. Di certo, i tempi della trasformazione sono lenti e non tutto va nella direzione giusta, ma si notano segni di cambiamento inequivocabili, come l’incremento del numero di banche presenti in città, gestite da famiglie che ben rappresentano l’élite nizzarda al termine del dominio sabaudo. I fratelli André e Jean-Honoré Gastaud, ad esempio, fanno fortuna durante gli anni francesi e, con la Restaurazione, mettono a frutto numerosi investimenti, anche immobiliari nel quartiere di Sant’Elena; d’altro canto, altrettanto rilevante è la presenza di famiglie ebraiche – Avigdor, Lat- tès, Pontremoli, Colombo – che, grazie a ottime disponibilità economiche e intelligenti alleanze politiche in città e a Torino, sia pur a fasi alterne e soprattutto all’indomani della promulgazione della Statuto albertino, prova a far crescere le economie della regione, spesso nonostante la distanza della comunità dalle strategie conservatrici della monarchia sarda45. Tali famiglie, del resto, possiedono da tempo ville confortevoli lungo la costa e, presto, trarranno profitto dalla stessa iniziativa britannica46. Con Torino a guardar da lontano, di là da montagne che paiono sempre meno valicabili, sulla costa la mixité di nativi e turisti genera nuove località, nuovi usi del suolo, nuovi immaginari, puntualmente restituiti dalla letteratura e dalla veduta di paesaggio: il nuovo mondo è già cominciato e, alla metà dell’Ottocento, «alle cinque del pomeriggio tutto il mondo alla moda di Nizza può essere visto sulla Promenade des Anglais […]. È questa un’ampia passeggiata costeggiata da palme, rose e busti tropicali, con panchine ovunque, padiglioni da bagno sulla spiaggia, su cui s’affaccia, e una strada elegante tra la passeggiata e gli hotel e le ville costruite sulla curva esterna della baia, il cui margine la Promenade delimita. Ogni nazione è rappresentata, ogni idioma parlato, ogni abito indossato, e in un giorno di sole lo spettacolo è brillante quanto il Carnevale»47. Sono passati, tuttavia, sei anni da quel Trattato di Torino del 24 marzo 1860, con cui il Regno di Sardegna ha ceduto la Savoia e la contea di Nizza alla Francia, e soprattutto da quel plebiscito del mese successivo, grazie a cui la stragrande maggioranza dei nizzardi ha confermato tale sorte. La ragion di Stato ha trionfato e, con essa, forse anche la lungimiranza delle élites nizzarde, che devono aver intravisto a Parigi quel che a Torino nessuno sembra più in grado di assicurare48. La leggenda della Côte d’Azur può aver inizio49. 277 Note L’invenzione del nome, in sostituzione del precedente “riviera”, si deve allo scrittore digionese Stéphen Liégard che nel 1887 firma una fortunata guida, appunto intitolata La Côte d’Azur (Paris: Maison Quantin). 2 «Nella stagione dei bagni, che qui, per la dolce temperatura dell’aria, dura dagli ultimi d’aprile sino alla metà d’ottobre, il concorso dei forestieri, che vi si recano, da qualche anno è di circa tremila», come puntiglioso annota, alla voce dedicata alla cittadina, Goffredo CASALIS, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. I, G. Maspero libraio e Cassone Marzorati Vercellotti tipografi, Torino 1835, pp. 97-106, in part. p. 103. 3 «La ville est peu de chose, à ce qu’il me parut, mais cependent bien peuplée et les maisons élévées»: cfr. Charles DE BROSSES, Lettres historiques et critiques sur l’Italie, 3 voll., «Lettre IV au même [M. DE BLANCEY]. Route de Marseille à Gênes», vol. I, Paris: Ponthieu, anno VII [1798-99], pp. 43-60, part. p. 51. 4 Marc BOYER, L’hiver dans le Midi (XVIIeXXIe siècles), L’Harmattan, Paris 2009, p. 34. 5 Archivio storico della Città di Torino, Ordinati, CCLXXVII, 1747, congregazione del 7 gennaio 1747, c. 1. 6 Sulla vicenda della costruzione del nuovo porto, nel vallone Lympia, e sull’ampia bibliografia che la riguarda, cfr. Elena MASALA, Porto Lympia. Costruzione, trasformazione e conservazione, tesi di laurea in Architettura (Restauro e Valorizzazione), rel. Maria Grazia Vinardi, Politecnico di Torino, 2012. 7 Tobias SMOLLETT, Travels through France and Italy containing observations on character, customs, religion, government, police, commerce, arts, and antiquities with a particular Description of the town, territory and climate of Nice, R. Baldwin, London 1767. 1 278 «I could hire one much better in the neighborhood of London, for the same money. […] Our consul […] has lent me his lodgings, which are charmingly situated by the sea-side, and open upon a terrace, that run parallel to the beach, forming part of the town wall», vale a dire probabilmente lungo il cosiddetto Palco, attuale Cours Saleya, in piena trasformazione dopo le turbolenze belliche: cfr. SMOLLETT, Travels through France, cit., p. 214. 9 Ivi, pp. 224-226. 10 Ivi, pp. 322-323. 11 «The state of the arts and sciences at Nice; which, indeed, is almost a total blank»: ivi, p. 332. 12 Ivi, pp. 355-356; sul ruolo di pioniere assunto dal bagnante Smollett nei confronti dei nizzardi, ma soprattutto dei suoi compatrioti, cfr. Alain BOTTARO, L’invention des bains de mer à Nice, entre modèle anglais et modèle anglais, in «Recherches régionales. Alpes-Maritimes et contrées limitrophes», n. 210, 2016, pp. 30-36, part. pp. 31-32. 13 La stima è del marchese Carlo Francesco Thaon di Revel e Sant’Andrea, luogotenente generale di fanteria per la contea di Nizza nel 1781-87, ed è riportata in una sua lettera in Archivio di Stato di Torino, Lettere di particolari, mz. 26; cfr. anche BOYER, L’hiver dans le Midi, cit., p. 38. 14 «Les maisons de campagne des environs de Nice son peuplées d’Anglois, de François, d’Allemands; chacune d’elles est une colonie: c’est-là que, de tous les pays du monde, l’on fuit l’hiver. Nice, pendent l’hiver, est une espèce de serre pur les santés delicates»: cfr. Charles-Marguerite-JeanBaptiste MERCIER DUPATY, Lettres sur l’Italie en 1785, 2 voll., de Senne, Paris 1788, vol. I, pp. 17-19, part. p. 18. 15 Tra l’altro cfr., ad esempio, il suo Voyage historique et pittoresque au Comté de Nice, Isac Bardin, Genève 1787. 16 Philippe GRAFF, L’exception urbaine. Nice de la Renaissance au Consiglio d’Ornato, Éditions Parenthèses, Marseille 2000, pp. 126-136. 8 Nizza, Archives départementales des Alpes-Maritimes, Plans isolés, 01FI 0010. 18 Le istruzioni per rendere la strada carrozzabile, al costo di un milione di lire, sono firmate il 12 febbraio 1782: Nizza, Archives départementales des Alpes-Maritimes, Cour de Turin, NI, mz. 13/1, doc. 12 (Lettres patentes de Victor-Amédée III, concernant la mise en culture de vastes terrains en friche des régions de Vercelli et de Biella ainsi que la création de la route carrossable de Nice). 19 Paolo Emilio BARBERI, Album, ou souvenir de la ville de Nice et de ses environs, Société Typographique, Nice 1834. L’autore, peraltro, è figlio di Giuseppe Barberi, architetto romano giacobino fuggito in Francia all’indomani delle sfortunate vicende della Repubblica Romana: cfr. Christian BORGHESE, Le peintre Paul-Émile Barberi (1775-1847) fondateur de la première “École de Nice”, in «Nice Historique», a. C, n. 4, 1997, pp. 175-225; e Sergio PACE, Disegnare una vita intera. Tormenti grafici e autobiografici di Giuseppe Barberi, architetto romano tra Italia e Francia (1774-1809), in Sabine FROMMEL, Jean-Philippe GARRIC, Elisabeth KIEVEN (a cura di), Charles Percier e Pierre Fontaine dal soggiorno romano alla trasformazione di Parigi, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2014, pp. 65-71. 20 «Nice, ville administrative modeste, presque sans manufacture, avec un arrière-pays pauvre, n’a pas d’autre facteur de changement que la saison d’hiver»: cfr. BOYER, L’hiver dans le Midi, cit., p. 191. 21 «La population se compose principalement de cette colonie languissante d’étrangers opulents, victimes la plupart des jouissances factices de la societé, détruites avant le temps par cette vie heureuse en apparence, au fond si misérable, et dont l’inquiétude, les regrets, les mécomptes divers sont l’incurable maladie»: cfr. Antoine-Claude-Pasquin VALERY, Voyages historiques et littéraires en Italie pendent les années 1826, 1827, et 1828 ou l’Indicateur italien, vol. V, Lenormant, Paris 1883, pp. 80-81. 17 GRAFF, L’exception urbaine, cit., pp. 120125. 23 Di questo, così come di altri lavori degli anni Venti, dà precisa rappresentazione BARBERI, Album, ou souvenir, cit. 24 Nizza, Archives départementales des Alpes-Maritimes, fondo Sénat de Nice, Affaires administratives et politiques, «Entériments en matière civile», 1.B.179. 25 La comté de Nice et la maison royale de Savoie, catalogo della mostra (Nizza, Archives Départmentales: ottobre 2010 – maggio 2011), Silvana Editoriale- Conseil Général des Alpes-Maritimes, Cinisello Balsamo-Nice 2010, pp. 179-185. 26 Nizza, Archives départementales des Alpes-Maritimes, Ni, Paesi, mz. 9, n. 27. 27 Nizza, Archives communales de la ville de Nice, 4.O.13; il piano è votato il 4-5 giugno 1829, per essere approvato dal Re nel 1832. 28 Filippo DE PIERI, Il controllo improbabile. Progetti urbani, burocrazie, decisioni in una citta capitale dell’Ottocento, FrancoAngeli, Milano 2005, pp. 83-85. 29 Il fondo del Consiglio di Ornato di Nizza, conservato presso gli archivi municipali, è stato esplorato da autori diversi: per un inquadramento complessivo cfr. Simonetta TOMBACCINI-VILLEFRANQUE, Une juridiction spéciale: la «Regia Delegazione» du «Consiglio d’Ornato», in «Recherches Régionales», n. 167, aprile-giugno 2003, pp. 21-26. 30 Tali perplessità sono annotate da Carlo Alberto nel proprio diario, durante il rapido soggiorno sulla costa della primavera 1836: cfr. Francesco SALATA, Carlo Alberto inedito. Il diario autografo del re. Lettere intime e altri scritti inediti, Mondadori, Milano 1931, pp. 321-327. 31 CASALIS, Dizionario geografico, cit., vol. XI, 1843, pp. 679-680. 32 «Une belle courtisane, mollement couchée au bord de son miroir d’azur, à l’ombre de ses orangers en fleurs, avec ses longs cheveux abandonnés aux brises de la mer, et dont le flots viendraient mouilller ses pied nus, car Nice c’est la ville de la douce pa22 resse et des plaisrs faciles. […] Il y a deux villes à Nice, la vieille ville et la ville neuve, l’antica Nizza, et la Nice new: la Nice italienne et la Nice anglaise. La Nice italienne, addossée à ses collines avec ses maisons sculptées ou peintes, ses madones au coin des rues et sa population, au costume pittoresque, qui parle, comme dit Dante – del bel paese là dove il si suona. – La Nice anglaise, ou le faubourg de marbre avec ses rues tirées au cordeau, ses maisons blanchies à la chaux, aux fenêtres et aux portes régulièrement percées, et sa population à ombrelles, à voiles et à brodequins verts, qui dit: Jes»: cfr. Alexandre DUMAS, Une année à Florence, 2 voll., Dumont, Paris 1841; II ed.: Impressions de voyage. Une année à Florence, Lagny, Paris 1850, p. 22. 33 BOYER, L’hiver dans le Midi, cit., p. 194. 34 Ivi, pp. 199-201. 35 «Jamais de ma vie je n’avais vu autant de brillantes toilettes, autant d’uniformes de toutes nations, russes, anglais, français, prussiens, espagnols, turcs, tous mélangés»: cfr. Nice d’antan. Extrait de la correspondance d’un Niçois de l’an 1857, in «Nice Historique», n. 5, settembre - ottobre 1931, pp. 201-203, part. p. 203. 36 Il progetto della chiesa a croce greca con duplice abside, è conservato a Nizza, Archives départementales des Alpes-Maritimes, 1.FS.60. 37 La Guide des étrangers à Nice contenant quelques notions sur l’histoire et la statistique du pays avec l’indication des promenades et des objets plus remarquables de la ville et ses envorons, Imprimerie de la Societé Typographique, Nice 1826, p. 115, ancora scrive delle qualità terapeutiche dello Chemin des Anglais, ma altrove sottolinea come la città sia costellata di luoghi piacevoli da visitare, tout court. 38 Pagine significative, dedicate a «L’été à Nice», sono scritte da A[uguste] BURNEL, Nice, Societé Typographique, Nice 1857, pp. 127-135. 39 «Or, petit à petit, la visée hédoniste a partiellement refoulé la visée thérapeutique. Stationner, déambuler sur la plage devenaient des plaisirs. Dans le même temps, la terreur inspirée par le soleil le cédait à la conviction des bienfaits qu’il procurait. C’est ainsi que s’est achevée la renaissance du désir de rivage»: cfr. Alain CORBIN, La renaisssance du désir de plage, in Lisa AZORIN, Julie RYNES (a cura di), Promenade(s) des Anglais, Ville de Nice-Lienart, NiceParis 2015, pp. 59-64, part. p. 64. 40 La storiografia si è spesso arrovellata sulle date di configurazione della promenade – i lavori dovrebbero essere avviati intorno al 1820-21 e sono forse conclusi intorno al 1824 – ma pare una questione irrisolvibile con precisione: cfr. Hervé BARELLI, De la promenade des Ponchettes à la Promenade des Anglais, le premier triomphe de la societé des loisirs, in AZORIN, RYNES, Promenade(s) des Anglais, cit., pp. 70-83. 41 Così annota nel 1829 il canonico Joseph Bonifacy, scrivendo le proprie Chroniques du comet de Nice, rimaste manoscritte: cfr. Nizza, Archives Municipales, sez. Manuscrits, 48.S.12. 42 Alain BOTTARO, La villégiature anglaise et l’invention de la Côte d’Azur, in «In Situ. Revue des patrimoines», n. 24 (Architecture et urbanisme de villégiature: un état de la recherche), 2014, on line dal 10 luglio 2014: http://insitu.revues.org/11060). 43 Marc BOYER, Camin dei Angles, in Azorin, Rynes, Promenade(s) des Anglais, cit., pp. 91-101, in part. p. 97. 44 Nizza, Archives municipales de la ville de Nice, 1.Fi.03; cfr. anche GRAFF, L’exception urbaine, cit., pp. 52-63. 45 Jérémy GUEDJ, La place des juifs à Nice au XIXe siècle: aspets d’une histoire paradoxale, in «Recherches Régionales», n. 193, gennaio-giugno 2009, pp. 27-47. 46 L’operazione fondiaria e immobiliare, presto assai vantaggiosa, vede protagoniste le migliori famiglie nizzardi: i Grimaldi, Gilli, Avigdor, Aillaud, de Gubernatis o Guiglia acquistano sul camin un lotto di terreno ovvero ville già esistenti; intorno agli anni Sessanta, ad esempio, il banchiere Augusto 279 Carlone acquista la villa costruita, intorno al 1787, da Lady Penelope Rivers, ricca vedova inglese: oggi il nucleo originario dell’edificio è riconoscibile nella Villa Furtado-Heine. 47 «At five ‘o clock in the afternoon all the fashionable world at Nice may be seen on the Promenade des Anglais […]. It is a wide walk bordered by palms, roses, and tropical shrubs, with seats all long, bathing pavilions on the beach which it overlooks and a fine drive between the walk and the hotels and villas standing on the outer curve of the bay whose edge the Promenade extends. Every nation I represented, every language spoken, every costume worn, and of a sunny day the spectacle is as brilliant as any Carnival»: 280 cfr. Louisa MAY ALCOTT, A Long Fatal Love Chase [1866], Dell, New York 1995, pp. 90-91. Nel 1866, cioè prima del successo di Little Women, l’autrice compie un lungo viaggio in Europa, come accompagnatrice di un disabile, e trasferisce poi tale esperienza in un romanzo – A Modern Mephistopheles, or The Fatal Love Chase, poi rivisto e intitolato Fair Rosamond – che rimane manoscritto fino al 1995; nel frattempo, tuttavia, il passo sulla Promenade des Anglais è pubblicato quasi letteralmente in Little Women, or Meg, Jo, Beth and Amy, 2 voll., Roberts Brothers, Boston 1869, vol. II, pp. 377-378. 48 Marc ORTOLANI, Nice avant son annexion à la France (1848-1859), in Sylviain Milbach (a cura di), La Savoie, la France, l’Europe, Peter Lang, Bruxelles 2012, pp. 47-70. 49 Avendo a disposizione un’ampia bibliografia, oltre ai testi già citati, per gli anni successivi può essere ancora una volta utile partire da riferimenti letterari: in particolare, tra le fonti d’epoca immediatamente successive all’annessione, indispensabile rimane Émile NEGRIN, Les Promenades de Nice, Cauvin, Nice 1862; per altre fonti letterarie e artistiche cfr. Ted JONES, The French Riviera: A Literary Guide for Travellers, Tauris & Co., London-New York 2004, II ed., ivi, 2007, pp. 105-128; e John BAXTER, French Riviera and Its Artists: Art, Literature, Love, and Life on the Côte d’Azur, Museyon, New York 2015.