Corso MB1019 – Dialogo interreligioso A.A. 2014-2015 – Prof. Gaetano Sabetta
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PONTIFICIA UNIVERSIURBANIANA
[PROF. GAETANO SABETTA]
CORSO MB1019: DIALOGO INTERRELIGIOSO
[AD USO ESCLUSIVO DEGLI STUDENTI]
TEMA 1
DIALOGO INTERRELIGIOSO: PROSPETTIVA BIBLICO-STORICA
Parte I
LA BIBBIA E LE RELIGIONI: INTRODUZIONE
PUNTO DI PARTENZA
LA RELIGIONE DEI PATRIARCHI: ELIM, DIO PADRE, EL
ALLEANZA UNIVERSALE
LA TRADIZIONE PROFETICA: DAL DIO D’ISRAELE AL DIO DELLE NAZIONI
LA TRADIZIONE SAPIENZIALE
GESÙ E LE RELIGIONI
LA CHIESA APOSTOLICA E LE RELIGIONI
CONCLUSIONE
Parte II
IL CAMMINO STORICO FINO AL CONCILIO VATICANO II
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DIALOGO INTERRELIGIOSO: PROSPETTIVA BIBLICO-STORICA
LA BIBBIA E LE RELIGIONI: INTRODUZIONE
Il ritmo che la Bibbia scandisce nel rapporto con l’altro è segnato costantemente
da una struttura binaria dove coesistono il lato universale (la volontà salvifica di Dio) e
quello particolare (Dio sceglie un popolo, nel Primo Testamento; Dio salva attraverso
Gesù-Cristo, nel Secondo Testamento). Tale ritmo è sintetizzato nel famoso testo della
prima lettera che Paolo scrive a Timoteo. Nel contesto della preghiera che Paolo rivolge a
Dio, ricordando i re pagani si legge:
«Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli
uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno
solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in
riscatto per tutt (1 Tim 2,4-6).
Secondo il biblista francese Legrand l’elezione d’Israele, nell’ottica di Dio, non è
particolarismo e ancor meno esclusivismo, ma visione universale delle cose e del piano di
Dio poichè, se il Dio dell’elezione storica è anche il Dio delle benedizioni cosmiche
l’elezione non taglia Israele dalle nazioni, ma la situa in rapporto a esse1. Allo stesso
modo Senior e Stuhlmueller ritengono non definitive le risposte bibliche al problema delle
religioni, poichè alle posizioni d’ostilità si accompagna il riconoscimento della bontà
dell’esperienza religiosa dei singoli ‘pagani’ presenti in diversi scrittori biblici2. Rossano
prende le distanze sia dall’aut-aut Bibbia-religione inaugurato dall’Unglaube (incredulità)
barthiano e confermato dal Wesenlos (superstizione) di Bonhoeffer, che tanta influenza ha
avuto anche in ambito cattolico, sia dalla tendenza liberale della Religionsgeschichtliche
Schule, che con le sue intemperanze ha alimentato i timori di un livellamento tra il dato
biblico e quello della storia religiosa del Vicino Oriente mesopotamico. In tale prospettiva
mediana, l’esperienza religiosa umana autentica può conclude Rossano considerarsi
«preparazione provvidenziale» a Cristo nel quale gli uomini trovano la pienezza (cfr. NA
n. 2)3.
1L. LEGRAND, Il Dio che viene. La missione nella Bibbia, Borla, Roma 1989, 29.
2Cfr., D. SENIOR C. STUHLMUELLER, I fondamenti biblici della missione, EMI, Bologna
1985, 479-481.
3P. ROSSANO, Dialogo e annuncio cristiano, 42-43.
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PUNTO DI PARTENZA
Le maggiori critiche rivolte al dialogo sembrano essere basate sul dato biblico. Ma
è davvero così? La Bibbia è davvero contraria al dialogo? Davvero alimenta un giudizio
negativo delle religioni? Cosa dire poi di Gesù. Davvero Gesù era contrario al dialogo? Ci
pare importante dar conto di due difficoltà iniziali. Primo, la Bibbia non s’interessa
direttamente alle religioni, ovvero il rapporto Bibbia-religioni è solo incidentale al tessuto
biblico: la maggiore preoccupazione biblica è quella di alimentare la fede d’Israele. La
seconda difficoltà riguarda l’interpretazione. In questo caso più che confrontare i singoli
passi biblici che sembrano condannare il dialogo con quelli che invece sembrano
sostenerlo, battaglia che sembra destinata a non avere mai fine, appare decisivo, come
ricordano Odasso4 e Ariarajah5 domandarsi qual è nel complesso l’attitudine della Bibbia
di fronte al fenomeno delle religioni. In altre parole, occorre cogliere il carattere globale
dell’approccio nel solco di una “comprensione biblica della Scrittura”, evitando che
prospettive esterne, sia esse sistematiche o dogmatiche, distorcano il processo
ermeneutico.
LA RELIGIONE DEI PATRIARCHI: ELIM, DIO PADRE, EL 6
Hugo Gressmann nel suo studio sulla religione dei patriarchi del 1910 dal titolo
Mose und seine Zeit afferma che una delle caratteristiche della religione patriarcale è il
culto reso a più divinità. Anche se i diversi nomi di Dio devono intendersi più come
attributi dell’unico JHWH, rimane il fatto che la pluralità dei nomi tradisce uno stadio
arcaico della tradizione in cui esisteva un certo grado di monolatria [si tratta di una
posizione vicina all’enoteismo: si riconoscono una pluralità di dei, ma uno è preminente e a Lui
viene rivolto il culto]. Nell’incontro tra Abramo e Melkisedek raccontato da Gn14 si
afferma che questi è il «Dio dell’Altissimo» (El Eljôn), creatore del cielo e della terra.
Nell’episodio raccontato da Gn 17, dove Dio appare ad Abramo e Sara presso Mamre, si
parla invece di «Dio Onnipotente» (El Shaddaj), mentre in Gn 21,22-34 appare il nome
«Dio Eterno» (El Olâm). Lo studioso tedesco seguendo lo stesso ragionamento incontra
4 G. ODASSO, Bibbia e religioni. Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, UUP,
Roma 1998, 23.
5 S.W. ARIARAJAH, The Bible and the People of Other Faiths, WCC, Geneve 1985, xiii.
6 G. ODASSO, Bibbia e religioni,115-129.
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anche il dio Bet El (Gn 28,17), il dio «Visione» (El Roj), in Gn 16,13 e il dio «Alleanza»
(El Berit) di Gdc 9,46. La sua conclusione è quella di affermare la natura politeistica della
religione dei patriarchi segnata da diverse divinità naturalistiche indicate dal nome Elim,
ognuna delle quali svolge una funzione specifica ed appare legata anche ad una particolare
località.
Nel 1929, Alt, con la sua ricerca Der Gott der Vatër completa ed approfondisce i
risultati di Gressmann. Egli dimostra che il culto degli Elim era di origine Cananea e che i
patriarchi avevano iniziato ad adorare gli Elim a partire dalla loro presenza nella terra dei
Cananei. Di conseguenza, l’autore si mette alla ricerca di un culto anteriore a quello degli
Elim che trova a partire da Es 3,6 dove si parla «del Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il
Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe». La conclusione a cui Alt arriva è che la forma
originaria della religione patriarcale è il culto del «dio padre». Tale culto presuppone una
cultura nomade nella quale ogni clan ha un proprio padre o antenato. Tale forma di
politeismo nomade si arricchisce grazie all’apporto della religione stanziale dei Cananei,
centrata intorno al culto degli Elim, una volta che i patriarchi si stabilizzano in Palestina.
La scoperta della città Cananea di Ugarit del 1929 e la decifrazione delle tavolette
rinvenute hanno chiarito la natura della religione siro-cananea della seconda metà del II
millennio a.C. In particolare è risultato evidente che nonostante la molteplicità dei culti
locali ci fosse un’unità di fondo espressa dalla disposizione a piramide delle diverse
divinità. All’apice del pantheon cananeo si trova il dio El, creatore del cielo e della terra.
Di conseguenza, conclude Cross nel suo studio Yahweh and the God of the Patriarchs non
si tratta di molti dei (Elim), ma di diversi attributi riferibili all’unico dio supremo El.
L’insieme di tutti questi dati raccolti porta Odasso ad affermare «che i patriarchi e i loro
clan veneravano El, la divinità suprema all’interno del pantheon siro-cananeo»7. Quali
conclusioni ai fini del dialogo possiamo trarre da questo studio preliminare sulla religione
dei patriarchi? 1. Senza dubbio il confronto biblico con la storia della religione patriarcale
mostra che non è biblicamente fondato affermare una totale separazione tra essa e le
religioni, quasi che essere fossero l’espressione dell’errore o della superstizione. 2. La
sostanziale continuità tra l’esperienza religiosa Cananea e la rivelazione biblica non ci
permette più di qualificare la prima come religione naturale rispetto alla seconda
7 Ibidem, 126.
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considerata quale rivelazione (cristiana). In altri termini, anche le religioni sono il luogo in
cui l’uomo incontra il divino e questo incontro esprime una relazione autentica col vero
Dio8.
ALLEANZA UNIVERSALE
Il ciclo che segna l’inizio della Bibbia, ovvero l’andamento ondivago di creazione-
distruzione-nuova creazione (Gn 1-11), a lungo trascurato dalla ricerca biblica perché
considerato non storico, è di fondamentale importanza per inquadrare nella giusta
prospettiva il rapporto che la Bibbia intrattiene con i popoli di fede diversa. Il racconto
della creazione non riguarda la nascita di una chiesa, nè tanto meno di una religione, ma si
riferisce al cosmo intero. È significativo che nei racconti della creazione si faccia
riferimento oltre al cosmo anche ad ‘adam, ovvero all’umano [essere umano] in sè e non
ad ‘ish, cioè all’uomo come diverso dalla donna, proprio a sottolineare che nulla rimane
fuori dall’amore misericordioso del Dio creatore.
Secondo Dupuis, l’alleanza (berith) crea l’identità di Israele come popolo di Dio,
ovvero carattereizza la fondazione dell’esperienza religiosa di Israele, esprimendo l’inizio
del dialogo salvifico proprio nel momento in cui Dio dichiara: «sarò vostro Dio e voi
sarete il mio popol(Lev 26,12); ma, proprio a partire dall’esperienza di liberazione del
Dio dell’Esodo (Es 3,3-15), che interviene potentemente nella storia, Israele, in maniera
retrospettiva, scopre la trascendenza del Dio creatore e del suo disegno d’amore che si
estende a tutto il cosmo e all’intera umanità, considerata come una sola famiglia9. Un
unico Dio, creatore di tutto e di tutti, che circonda l’intera creazione del suo inesauribile
amore: questa è l’immagine potente che ci consegnano i primi 11 capitoli del libro del
Genesi. L’umanità intera rimane tale, sia nel caso della partecipazione alla vita di Dio
(l’immagine e somiglianza di Gn 1,26), sia nell’alienazione, conseguenza della caduta.
Essa è nuovamente tutta unita nell’alleanza noaica (Gn 9) che interessa tutta l’umanità e
l’intera creazione.
Il fatto che i primi 11 capitoli della Bibbia siano un invito a riconoscere
l’universalità della volontà salvifica di Dio esprime il tentativo di immettere la storia
8 Cfr, ibidem,128-129.
9 J. DUPUIS, Towards a Christian Theology of Religious Pluralism, 31.
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