Simone Paliaga
“La sua vita ha incarnato un’alta dimensione eca, caraerizzata da for ragioni morali, espresse
pubblicamente” racconta Vincenzo Viello a un mese dalla scomparsa di Gianni Vamo, avvenuta lo scorso
19 seembre. Dopo gli interven propos, all’indomani del decesso, dalle pagine di giornali e periodici per
dare conto della vita e dell’opera di uno dei maggiori pensatori europei della seconda metà del Novecento,
in occasione del trigesimo della morte, Agorà torna a ricordarlo. E dà voce, nel proseguire la riessione
aperta dai contribu di Francesco Tomas e Giuseppe Lorizio, alle parole di altri tre pensatori italiani, Sergio
Givone, Francesco Totaro e Vincenco Viello, per delinearne ulteriormente il prolo intelleuale.
A fronte del tentavo di Vamo di pensare il crisanesimo senza la metasica Viello, già professore
ordinario di Filosoa teoreca all’Università di Salerno e docente di Teologia polica all’Università San
Raaele di Milano oltre che amico di Vamo, assicura che “non solo sia possibile ma sia necessario, perché
il crisanesimo non è una dorina ma un modo di vivere, un’esperienza, una maniera di stare al mondo
senza temere il giudizio altrui, anzi cercandolo questo giudizio”. Dal canto suo Sergio Givone, professore
emerito di esteca all’Università di Firenze nonché assistente, all’inizio della carriera, dello stesso Vamo, si
pone su un crinale parallelo ma consonante con le parole del collega. “Nietzsche e Heidegger - sosene
Givone -, che Vamo chiamava ‘i miei angeli sterminatori’, gli hanno insegnato a concepire la verità come
una ricerca personale, come vita. Vamo, che è stato sempre crisano, ha visto nel crisanesimo una verità
che richiede uno slancio dell’anima, misericordia e compassione”. La verità che il losofo torinese riconosce
nel crisanesimo sarebbe, per Givone, la verità enunciata da Giovanni quando riporta le parole di Gesù di
essere la Via, la Verità e la Vita. “La verità tesmoniata dal crisanesimo - connua Givone - libera dalla
verità metasica, una verità appunto che costringe all’assenso, che inchioda. Invece la verità che Vamo
ritrova nel crisanesimo è una verità faa di compassione e comprensione”, che va oltre la metasica. Non
a caso, “un autore che spesso non si associa a lui ma che ha avuto una certa inuenza sul suo pensiero,
anche se forse lo cita una sola volta, è Dostoevskij, e in parcolare il Dostoevskij che sosene che tra la
verità e il Cristo avrebbe scelto il Cristo”.
Di opinione diversa invece è Francesco Totaro, a lungo docente di Filosoa morale all’università di Macerata.
Egli precisa che Vamo “esprime un aeggiamento anmetasico perché considera la metasica un
insieme di proposizioni rigide, sse e formulate una volta per sempre tali da impedire lo svolgimento storico
dell’umano, una specie di blocco dell’umano in tue le sue possibilità”. “Va riconosciuto però a Vamo -
connua il direore degli Annali del Centro Studi Filosoci di Gallarate - l’avere messo in discussione certe
incrostazioni che a ragione vengono rimproverate alla metasica ma, invece di riutarla, andrebbe
promossa la capacità di rinnovamento della metasica e non la sua deposizione. Un’impostazione losoca
di po metasico che non sia appunto un'impostazione irrigidita può condurre alle stesse acquisizioni di
caraere crico e di caraere storicizzante”. Per Totaro il contributo principale assicurato da Vamo alla
comprensione del crisanesimo sarebbe “l’idea della kénosis cioè dello svuotamento del divino, perché la
kénosis permee di uscire dalla costruzione del Dio come onnipotente, che poi diventa onnipotenza
prescriva per l’umano”. Questa idea dell’indebolimento della teologia della onnipotenza divina va di pari
passo con l’idea dell’indebolimento della ragione in quanto ragione metasica, secondo Totaro. “Questo
processo ha portato a una decostruzione degli aspe del crisanesimo che Vamo riteneva di caraere
mico, superszioso addiriura o di caraere moralisco presen nella visione crisana. Se prima abbiamo
parlato del rischio di una metasica di po ssista Vamo contribuisce al suo superamento e questo
percorso di ricerca non solo si riee nella decostruzione del sapere metasico ma anche nella ermeneuca
dei contenu della fede”. “C’è un’idea di libertà nell’interpretare il crisanesimo - prosegue Totaro - che va
al di là degli stereopi e delle cristallizzazioni che hanno incrostato i contenu della fede non permeendo
di renderli accessibili all’uomo contemporaneo”.
E proprio sull’ermeneuca si soerma anche Givone. “Quello di Vamo - precisa - è una sorta di
heideggerismo crisano che gli permee la liberazione dalla verità come rappresentazione posiva. E lo fa
riconoscendo il ruolo dell’interpretazione che è l’incontro con qualcosa che non è una cosa ma una persona.
Interpretare signica comprendere in modo caritatevole, abbracciare. E in questo è un perfeo allievo di